SERGIO DALLA VAL
Psicanalista, cifrante, presidente dell'Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna
LA SCIENZA, L'ARTE, LA PSICANALISI
Da Copenhagen a Praga, da Berlino a Parigi, da Londra a Roma, mai come agli albori del Novecento la scienza ha questionato ogni fondamento e larte ha debordato ogni canone, comportando uninnovazione senza precedenti. Scienza del caso singolo e arte dellascolto, la psicanalisi di Vienna ha cominciato allora col dissipare quella padronanza del soggetto e quel primato del discorso sulla parola su cui poggiavano discipline e specialità, corporazioni e cappelle. Con linvenzione dellinconscio come logica particolare, la differenza tra arte e scienza non può più essere basata su una presunta diversità di oggetto, di mezzi e di finalità. La scienza, la cui condizione è lassoluto, come nota Armando Verdiglione nel riquadro di pagina 9, incomincia con la divisione (lat. scio, divido) di ciascun elemento da se stesso che, mai unitario, né partecipe delluniversale, è preso nella differenza; la scienza è questa presa, presa come taglio (e non come comprensione) da cui si effettua il sapere, imprevedibile. Larte viene da questa scienza, sintrattiene in una relazione con lassoluto fra estetica, poetica e periegetica; è articolazione e svolgimento delle cose, metodo come cammino dellidentificazione. Nel corso del secolo moralismo e puritanesimo hanno tentato di riportarle sotto legida dellideologia della morte che, applicando le filosofie romantiche e illuministiche dell800, propugna la morte dellarte e il trionfo della tecnologia contro la parola. Avanguardie e revivalismi, sperimentalismi e spiritualismi dovevano addomesticare linconscio tentando la sua statalizzazione e la sua collettivizzazione, finalizzando la psicanalisi, la scienza e larte alla logica dellaiuto e del rimedio, trasformandole nel minimo male necessario, da tenere sotto controllo, come uno psicofarmaco. Ma se larte, la scienza e la psicanalisi sono psicofarmaci, sono destinate a essere superate e dunque a finire.
Oggi, nel terzo millennio, dissipate le ideologie, terminata la terza guerra mondiale, instauratosi Internet e la globalizzazione, la scienza può dipendere dai criteri di certificazione, verificazione, falsificazione, o appoggiarsi, orfana dellideologia, allutopia, come documenta in questo numero Lucien Sfez? Larte può ridursi a follia consentita, a quadri più o meno patologici la cui stima dipende dalle aste? La psicanalisi deve partecipare alla semiotizzazione generale, secondo cui tutto, essa compresa, è codificabile, interpretabile, somministrabile a favore della luogocomunicazione? Mai come oggi, nellera della comunicazione la psicanalisi non è psicologia né psicoterapia, bensì scienza e arte della parola e non dei discorsi: la sua formazione viene dal corpo della parola, non dalla corporazione o dalla professione, la sua terapia va verso la scena della parola, non guarisce dal male, anche sociale.
Questa psicanalisi del ventunesimo secolo esiste oggi, nella cifrematica, come esperienza della parola originaria; nulla a che vedere con psichiatria, psicofarmacologia, psicochirurgia sempre più di moda, che, come dimostrano Antonucci e Szasz, promettono la salvezza nellavvenire e propinano la distruzione dello psichico nellattuale.
Con la cifrematica ciascuna cosa, anche presunta malata, entra nella procedura impenale della parola in cui dicendosi si fa e facendosi si scrive, procedendo dallapertura e giungendo allinfinito. Ecco una cura pragmatica e una salute come regia delle cose: senza più il sistema delle coperture e lideologia della morte, larte e limpresa, la finanza e la scienza giungono alla riuscita in dispositivi differenti e vari secondo loccorrenza, in direzione della qualità.