Numero 9

La politica di vita
Quadrimestrale, Spedizione in abbonamento postale

EDITORE: Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Questo giornale convoca intellettuali, scrittori, scienziati, psicanalisti, imprenditori sulle questioni nodali del nostro tempo e pubblica gli esiti dei dibattiti a cui sono intervenuti in Emilia Romagna e altrove, per dare un apporto alla civiltà e al suo testo.
ROBERTO DE CARO
Direttore della rivista "Hortus musicus"

IL POTERE DELL'ATTRIBUIRE

Felice Accame parla fin dalla prima pagina del suo libro della funzione ideologica di ogni teoria della conoscenza. Questo mi ha molto interessato e mi ha dato da riflettere sul ruolo assunto da coloro che Accame chiama “stregoni” nella costruzione e nell’esercizio del Potere.

Di ciò parla il libro, un libro in cui la tensione politica è fortissima; tutt’altro che neutrale, asettico, questo studio è dettato da un’urgenza politica, con qualche punta di rabbia.

A proposito del rapporto tra conoscenza e potere, c’è una pagina in cui è citato Silvio Ceccato: “Allorché si dica di qualcosa che ‘è questo o quello’, possiamo sia dire che il qualcosa è tale ‘in seguito a qualche caratteristica che già lo costituisce’, e sia dire che il qualcosa è tale ‘in seguito a qualche attività che noi svolgiamo nei suoi confronti’. Con la confusione fra i due tipi di attribuzione si legalizza un ‘florido commercio’ millenario, ‘in quanto i risultati di una attività svolti nei confronti della cosa che riceve l’attribuzione sono ridotti ai risultati di una analisi delle proprietà costitutive della cosa che riceve l’attribuzione’. L’errore, così, risulta funzionale alla logica dei rapporti sociali e della loro storia. Qualcuno che può guadagna dalla confusione nei confronti di chi non può – dove il potere dell’attribuire diventa il potere qualsivoglia o il potere in quanto tale”.

C’è dunque questo potere dell’attribuzione, questo nominare la cosa, nominare l’oggetto. Allora mi è venuto in mente il libro della Genesi, da cui cito due passi, quello sulla creazione dell’uomo e quello sulla creazione della donna: “Finalmente Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a norma della nostra immagine come nostra somiglianza affinché possa dominare sui pesci del mare e sui volatili del cielo, sul bestiame e sulle fiere della terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra’”. Quindi Dio crea l’uomo per dominare. Creazione della donna: “Poi il Signore Dio disse: non è bene che l’uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto a lui corrispondente, allora il Signore Dio modellò dal terreno tutte le fiere della steppa e tutti i volatili del cielo e li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati, in qualunque modo l’uomo avesse chiamato gli esseri viventi, quello doveva essere il loro nome e così l’uomo impose dei nomi a tutto il bestiame, a tutti i volatili del cielo e a tutte le fiere della steppa, ma per Adamo non fu trovato aiuto a lui corrispondente. Allora il Signore Dio fece cadere un sonno profondo sull’uomo che si addormentò. Poi gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio costruì la costola che aveva tolto all’uomo formandone una donna, poi la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: ‘Questa volta è osso delle mie ossa, è carne della mia carne, costei si chiamerà donna perché dall’uomo fu tratta’”.

Cito dalla Bibbia delle edizioni Paoline, in cui c’è una nota di Emanuele Testa dell’Università Pontificia Urbaniana molto interessante a proposito del discorso sull’attribuzione e sul potere: “La solitudine dell’uomo è superata in una prima tappa con la creazione degli animali a cui l’uomo dà il nome. Nelle culture semitiche imporre un nome significa possedere totalmente una realtà. L’uomo vive qui l’avventura della scienza e della tecnica”. L’esegeta si guarda bene dal rilevare che l’uomo nomina anche la donna, e così la subordina, la domina, perché le impone il nome. Questo rapporto tra potere e verità che si afferma è un rapporto che non emerge solo nella tradizione occidentale della cultura greca, come sostiene qualcuno, ma si trova stampato a chiare lettere nella Bibbia, con una mancanza di problematicità che non lascia dubbi sull’intenzionalità. Lo storico “errore” metodologico delle teorie della conoscenza è tale solo per chi vuole esercitare la critica nei confronti della funzionalità di queste rispetto al potere, per chi ha interesse a svelarne i meccanismi, ma non è tale, non è un errore, per chi invece intende usare questo potere, per chi intende dominare, anzi, è un’affermazione necessaria, positiva, niente affatto da estirpare ma al contrario da mantenere, da accudire. Perché il potere di attribuire è potere assoluto.