Quadrimestrale, Spedizione in abbonamento postale
EDITORE: Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna
Questo giornale convoca intellettuali, scrittori, scienziati, psicanalisti, imprenditori sulle questioni nodali del nostro tempo e pubblica gli esiti dei dibattiti a cui sono intervenuti in Emilia Romagna e altrove, per dare un apporto alla civiltà e al suo testo. | |
| ROLANDO GUALERZI imprenditore, membro del direttivo di FITA, Confindustria Emilia Romagna
MA LITALIA È POCO COMPETITIVA
Ho incontrato Emilio Fontela due volte a distanza di tre anni. La prima è stata in occasione della presentazione del libro Sfide per giovani economisti, che è stato molto importante per le riflessioni che ha fatto sorgere nella mia impresa e tra amici, colleghi e imprenditori. Ma mi ha fatto piacere leggere anche lultimo libro, Come divenire imprenditore nel ventunesimo secolo. Metterei allora insieme i due titoli per chiedermi come si possa dire: sfide per giovani imprenditori nel ventunesimo secolo. E, allo stesso tempo, mi chiedo cosa potrebbe pensare Fontela, dal suo osservatorio, della questione italiana, della capacità competitiva dellimprenditoria italiana e in particolare di quella emiliano-romagnola. Al di là dei ragionamenti sulla new economy e la old economy, che cosa sta succedendo effettivamente alla capacità competitiva del nostro paese e delle nostre risorse umane? E a quella dei nostri imprenditori? In un articolo che ho letto di recente, risulta che lItalia è ancora poco competitiva nellattrarre investimenti, attirando solo l1% di tutti gli investimenti europei in questo ambito. Tra laltro, provengo da una riunione in Confindustria, dove si è affrontato proprio il problema di come possiamo tenere le aziende multinazionali attualmente presenti in Emilia Romagna: non tanto come farne arrivare altre, ma come non farsi scappare queste, in un mercato e in uneconomia in cui lItalia attrae investimenti internazionali solo per l1% rispetto agli altri paesi europei. Il Ministro dellIndustria allinizio dellanno diceva che nel 2003 avremo un deficit con lestero di ventitremila miliardi solo nellarea delle nuove tecnologie, dellinformation technology. Questo vuol dire che non abbiamo imprese italiane capaci di soddisfare le esigenze di imprese italiane o di consumatori italiani. E che cosa leggiamo del nostro paese sui giornali? LItalia economica imbrigliata; meno libertà nel 1990; lItalia fanalino di coda nellUE; siamo al 31° posto insieme alle Filippine e al Perù; poca capacità che ha la nostra economia di fare competizione. E arriviamo allEmilia Romagna. Leggiamo i dati di un rapporto che esce da Unioncamere sullEmilia Romagna: Le imprese offrono tanto lavoro poco qualificato, gli occupati in Emilia Romagna solo per il 5% sono laureati, solo per il 27% sono diplomati, i restanti sono persone con una scarsissima qualifica. Questo che cosa vuol dire? Che tutti i dati che leggiamo, riferiti alla massa di disoccupazione, in realtà nascondono unaltra occupazione di questo tipo di manodopera, di cui abbiamo certamente bisogno ma che non ci farà fare quel salto che tutti auspichiamo citando le nuove tecnologie e il terziario avanzato. Noi abbiamo già una bassa occupazione in un terziario non innovativo, in confronto agli altri paesi industrializzati in cui ci sono tra il 70 e il 75% di occupati nel terziario. Modena ha un 40% di occupati nel terziario e un 50% nel secondario. Quindi rappresentiamo ancora uneconomia molto legata al secondario e scarsissima nel terziario. Allora mi chiedo, se Fontela dice che la nuova impresa è unimpresa di imprenditori, vuol dire che la mia percezione, leggendo questi dati, è una percezione troppo negativistica? Possiamo pensare che ci sarà anche per lItalia un recupero nei termini di capacità competitiva complessiva anche nella pubblica amministrazione? La nostra regione è al 27° posto per le infrastrutture viarie e forse al 35° per quelle ferroviarie in Europa. Se la logistica e i trasporti saranno importanti, perché, se è vero che con la trasmissione dei bit dovremo far viaggiare forse meno atomi, i prodotti devono comunque girare , di fronte a una situazione complessiva che ci vede scarsamente capaci di produrre nuova tecnologia, perché importiamo tutto, con una bilancia dei pagamenti messa così, con la nostra manodopera non qualificata, come facciamo a far crescere nuovi imprenditori, che siano in proprio o allinterno dellimpresa, e mantenere un livello di benessere come quello che è stato raggiunto alla fine degli anni 90? Cito un distretto che da diversi anni è in declino industriale irreversibile, quello di Carpi, è un destino del territorio che non può essere risollevato con queste nuove tecnologie perché la cultura locale imprenditoriale non è in grado di assorbire né di trasformare la vecchia cultura della cosiddetta old economy in una cultura della new economy. Mi pongo queste domande lungo la lettura dei due libri di Fontela, anche perché sono entrambi interessanti e importanti e toccano con acutezza i temi del futuro e dellimpresa.
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