Numero 11

L'Industria, la Città, l'Ambiente
Quadrimestrale, Spedizione in abbonamento postale

EDITORE: Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Questo giornale convoca intellettuali, scrittori, scienziati, psicanalisti, imprenditori sulle questioni nodali del nostro tempo e pubblica gli esiti dei dibattiti a cui sono intervenuti in Emilia Romagna e altrove, per dare un apporto alla civiltà e al suo testo.
BENITO GUERRA
Presidente e fondatore di ROBUR S.p.A.

SGOMBRARE IL CAMPO DALLE PAURE

Intervista di Anna Spadafora

È interessante che nel testo del manifesto della Robur – da quarant’anni leader nelle tecnologie avanzate per la climatizzazione – ci sia un saluto alla vita…

In Robur spesso teniamo incontri di informazione e formazione dedicati ai nostri Clienti, progettisti, installatori e grossisti, ma anche ai collaboratori interni, a studenti ed università. Durante questi momenti formativi spesso diamo un piccolo suggerimento: “Ogni mattina chiediamoci tre motivi per cui ci rallegriamo”. La prima risposta potrebbe essere quella di non avere alcun motivo per rallegrarsi, magari proprio perché dobbiamo andare a lavorare. Se ci alleniamo però a coltivare l’osservazione, troviamo dei motivi per iniziare in modo positivo la giornata e troviamo anche il modo per sgombrare il campo dalle paure, fatto essenziale per incominciare ciascun giorno.  Il primo inibitore quando si propone alle persone di crescere è proprio la paura: “Se poi sbaglio, chissà cosa succede”. Credo veramente che se si tolgono le paure, le competenze e le caratteristiche professionali ed umane di ciascuno si “liberano”, ciascuno riesce così a dimostrare meglio a se stesso di saper fare di più. Questo di certo può portare anche ad una ricompensa, ma il singolo deve farlo per se stesso e se arriva a farlo per se stesso, lo fa meglio anche per l’azienda.  In Robur crediamo e affermiamo questo: nel lavoro è giusto “portare a casa uno stipendio”, ma anche e soprattutto una gratificazione, quella di avere espresso il meglio di noi e non il peggio.  Oggi si è molto concentrati sul benessere materiale, ma il benessere materiale è solo il primo livello, poi occorre ben di più: essere attenti all’arte, all’ambiente, al sociale.

Nel grafico che rappresenta il DNA della Robur risulta molto importante la rete…

Ho scoperto la rete nel ’76 ed ho subito compreso che invece di fare grandi centrali termiche, trasportando tonnellate di acqua riscaldata o raffreddata, era meglio fare piccoli apparecchi da mettere nei locali da riscaldare. Ed ho scoperto che anche in azienda la rete funziona meglio della piramide: l’azienda è costituita da tanti centri di profitto, che vendono e comprano i loro servizi ai colleghi, come se fossero clienti e fornitori e, in funzione delle loro capacità e competenze, si sviluppano e crescono.

Anche nella bottega rinascimentale c’era una rete di cervelli che non entravano in conflitto o in competizione, perché ciascuno giungeva all’unicità.

Noi siamo 250, ma ci sono almeno 70-100 centri, piccole “botteghe”, ciascuna con un business. Per esempio, nella comunicazione, la bottega di questo business compra informazioni e vende immagine per l’azienda. Noi misuriamo l’andamento di questo business, proprio come si farebbe in una bottega. Abbiamo provato, a proposito di “bottega”, un’emozione incredibile quando abbiamo visto che in America (a New Harmony nell’Indiana) Owen, un industriale del settore tessile, nel 1914 ha fondato con altri collaboratori una comunità utopica, dove vi erano grandi spazi sociali in cui riunirsi di sera per il teatro o per altro, ed ogni casa, ogni famiglia aveva la propria attività, nel retrobottega produceva e davanti vendeva i frutti della sua attività.  È un po’ così anche in azienda.

Nel vostro manifesto c’è un inno al bello…

Il bello e ben fatto sta per Robur a fondamento di tutte le cose che vogliamo fare, non per presunzione, ma per una tensione alla qualità. Noi abbiamo l’onore e l’onere di realizzare il meglio di ciò che sappiamo fare. Se oggi riusciamo a fare meglio quello che abbiamo fatto ieri, abbiamo conquistato qualcosa.

Questo può essere un tratto distintivo dell’Italia nel mondo e voi avete una parte consistente del fatturato all’estero…

Esportiamo già da anni in molti paesi esteri, ma l’impegno e gli investimenti di Robur nei prossimi anni saranno ulteriormente dedicati ad implementare questa attività.

La logica che sta alla base di questa impresa meriterebbe di essere esportata, perché le botteghe sono nate in Italia, nel Rinascimento, sempre con l’attenzione alla bellezza. Questo è patrimonio del viaggio intellettuale dell’Italia nei secoli. Che ci sia un’azienda che lo ha preso come parte della propria mission mi pare straordinario.

Vorrei riprendere questo argomento. Credo fortemente che possiamo avere dei vantaggi rispetto ad altri paesi, anche nel fare impresa e che dobbiamo continuare a riferirci ai nostri valori, alle nostre capacità culturali. Nel nostro paese abbiamo un enorme vantaggio competitivo in questo senso. Sul futuro dell’impresa italiana conterà sempre di più attingere all’aspetto culturale.  Quando ci chiedono come mai non andiamo a produrre nei paesi asiatici e come mai siamo così ottimisti, noi rispondiamo che siamo ottimisti perché abbiamo una storia ed un passato che ci hanno sempre orientato verso la qualità della vita, non verso la tirannia e la mortificazione dell’uomo. Il sogno di Robur è arrivare a fare condizionamento solare, riuscire a condizionare le case col sole, perché questo libera dalla “schiavitù dell’energia”, rende autonomi e in più non inquina. La riteniamo una cosa socialmente molto utile. Stiamo già lavorando al primo impianto che funziona col solare. Si tratta dell’impianto con torri solari presso l’Ospedale San Giuseppe di Empoli, destinato a alimentare di elettricità, calore e raffrescamento il nuovo polo ospedaliero. Un progetto all’avanguardia, nato nell’ambito della politica regionale di attuazione del piano energetico a protezione dell’ambiente e per la diminuzione dei consumi, che vede impiegate le caldaie-refrigeratori ad assorbimento Robur. Queste innovative unità Robur forniranno energia termica e frigorifera, utilizzando l’energia accumulata dalle torri solari ed aumentando così l’efficienza energetica dell’impianto. L’impianto, tra i primi al mondo, nasce dalla collaborazione tra l’architetto Caselli di E.s.co. solar S.p.A. con la Regione Toscana, l’Agenzia aerospaziale tedesca, il Weizmann Institut of Science e la Tel Aviv University. Proprio tra E.s.co. solar e Robur è stato firmato di recente un accordo di cooperazione. Per cui ci avviciniamo a quel sogno. La cosa è da tempo in realtà possibile, ma è il costo che deve essere ridotto. Allora, la nostra sfida “da industria” è quella di tradurre ciò che la scienza ha già fatto in tecnologia applicabile. È questo che stiamo facendo.

Come comunicate questi importanti sogni e obiettivi all’interno dell’azienda?

Diversi sono i mezzi e gli strumenti con i quali veicoliamo le nostre informazioni. Mi piace ricordarne alcuni. Per esempio, con dirigenti e responsabili si è da tempo fondato il GPO (sigla che sta per “Gruppo Promotori Opportunità”), che settimanalmente si riunisce per confrontarsi, vitalizzarsi e lavorare su tali temi e argomenti. È in queste occasioni che ci scambiamo stimoli, osservazioni, difficoltà. Organizziamo anche dei seminari, di solito in autunno, dedicati alla definizione e condivisione degli obiettivi e delle strategie aziendali. Non cerchiamo in Robur lo stress da obiettivo, che genera solo paura di non essere all’altezza ed ansia. Il difficile lavoro che tentiamo di fare quotidianamente è quello di tenere la tensione, senza ansia da prestazione. Quest’anno, inoltre, abbiamo scelto di presentare a tutta l’azienda non solo gli obiettivi, ma anche i sogni. Tante volte ho infatti con gioia constatato che tanti sogni diventano realtà. Con tutta probabilità dai sogni di oggi usciranno gli obiettivi dei prossimi anni.

Ci vuole molta lucidità da parte sua rispetto al viaggio che sta compiendo e alle continue trasformazioni.

Ci vuole anche elasticità. Le esigenze cambiano e noi cerchiamo di dare a questa rete estremamente flessibile una visibilità da parte degli altri, anche attraverso l’ambiente. A volte, non è sufficiente dire che una persona è diventata una cerniera fra tre reparti: cambiamo anche i posti degli uffici e rendiamo evidente con ciò l’evoluzione che si sta compiendo. L’azienda è un po’ simile a una palestra, in cui ciascuno si esercita a dimostrare a se stesso dove può arrivare. Credo che le qualità delle persone emergano nel momento in cui hanno delle soddisfazioni. Se continuiamo a bacchettarle nei loro difetti ed errori, le persone si chiudono; mentre, incoraggiandole laddove sono forti, rinforzano anche gli altri aspetti, calano le paure e viene fuori il loro meglio. Sono tutte cose sentite, scritte e proposte, cose che hanno detto altri nei convegni o abbiamo letto in un libro. Peccato che si abbia paura ad attivarle in un’azienda; si attivano nell’oratorio, in un circolo, in un gruppo di amici, ma nelle aziende troppo poco. Quello che voglio testimoniare come imprenditore – ormai lo faccio da quasi cinquant’anni – è che nell’azienda si possono applicare gli stessi valori che si applicano fuori, non sono due cose diverse: la vita in azienda è il proseguimento della vita all’esterno.