| MARCO MAIOCCHI ordinario della Facoltà di Scienze dell'informazione dell'Università di Milano, professor associato al Politecnico, presidente di INET, fondatore di ETNOTEAM
IL BEL PROGRAMMA
Intervista di Anna Spadafora
Il titolo del suo ultimo libro, Il bel programma (ed. Spirali), sembra curioso. Apparentemente, un programma dovrebbe funzionare, più che piacere.
Raramente un addetto ai lavori parla di un buon programma; è lutente che usa questa espressione. Un buon programma è quello che si comporta correttamente, che è confortevole da usare, che è completo, che è ricco, che ha sempre aspetti nascosti che possono soddisfare lutente. Un bel programma è quello che presenta questo comportamento grazie al modo in cui è costruito: le strutture, lorganizzazione, il dipanamento delle istruzioni e chissà quali altri aspetti sono organizzati in modo da appagare il senso estetico di un informatico. Lutente non se ne accorge, ma un addetto ai lavori sa bene che, affinché un programma sia buono per lutente, deve presentare quelle caratteristiche che glielo fanno definire bello.
Da quando ha cominciato a rivolgere il suo interesse di informatico verso larte?
Nel 1991, si costituì unassociazione (TEAnO, Telematica, Elettronica e Analisi nellOpificio) il cui obiettivo era proprio quello delluso dellinformatica per studiare la modellazione di strutture artistiche, sperimentandone la generazione. Guarda caso, è stato appunto nellambito di questa associazione che sono stati portati avanti più lavori che non in altre sedi, proprio sul tema delle relazioni fra estetica, strutture, manufatti, opere in qualunque settore. Per esempio, perché no?, dellinformatica.
È sorta allora la nozione di ipertesto
La svolta si ebbe nel 1994, quando il CERN di Ginevra mise a punto il primo browser, un programma si chiamava Mosaic; adesso è scomparso che consente la fruizione di Internet e degli ipertesti a chiunque non sia un informatico. Da questo momento in poi lipertesto è una struttura il cui nome compare sulla bocca di tutti, ed è una tecnica che viene fruita molto diffusamente e ampiamente. Non a caso, lipertesto è un prodotto in cui la struttura si scopre, si evidenzia; un ipertesto è un prodotto letterario in senso lato, che non necessita più di una struttura interna implicita, magari non del tutto consapevole, ma ha bisogno di esprimere una struttura esplicita e consapevole, che fa parte del progetto. Quindi, inevitabilmente, se ci sono elementi estetici legati ad aspetti strutturali, questi emergono, vengono portati allo scoperto e allevidenza. Da qui linteresse per aspetti di relazioni, per lanalisi dei meccanismi di comunicazione, che non viene più costruita sulla trasmissione dei messaggi ma piuttosto sulle relazioni che tra i messaggi vengono costruite.
A proposito di elementi estetici, nel suo libro parla spesso di sinestesia
Normalmente, con la parola sinestesia indichiamo la possibilità di una fruizione di qualcosa usando più sensi contemporaneamente. Ma lavorando con linformatica, troviamo che, allo stesso modo, allinterno di un testo noi percepiamo allitterazioni, struttura grafica anche soltanto dellimpaginazione, anagrammi, rime, ritmi, gabbie (come la struttura di un sonetto), e queste cose le percepiamo anche soltanto leggendo, non necessariamente ascoltando. Questo vuol dire che, anche soltanto allinterno di un testo, siamo in grado di percepire una significativa quantità di estesie; quindi disponiamo di numerosi sensi differenti, che evidentemente hanno a che fare con la nostra capacità percettiva. I nostri sensi non sono cinque e nemmeno cento; non sappiamo quanti siano, ma con tutta probabilità saranno migliaia.
Qual è il percorso di questo libro?
Partendo da aspetti di pura comunicazione, ho esaminato gli elementi percettivi da un punto di vista più tecnico, più fisico; poi ho cercato di analizzare, allinterno di questo tipo di comunicazione, quali siano le cose realmente comunicate (riproponendo gli aspetti di relazione e di sinestesia). Poi il salto: il sospetto, limpressione, la convinzione che, dietro questo tipo di comunicazione e di sinestesie, ci siano forti agganci con quello che chiamiamo conoscenza, con il sapere, con la scienza che porta a conoscenza; non parlo necessariamente di consapevolezza del vero, del reale, ma della costruzione di modelli, pur elementari, che ci forniscano un minimo di capacità predittiva; poi, la necessità di formalizzazione: la comunicazione e la conoscenza devono passare attraverso una possibilità di verifica; le verifiche legate alla sola parola sono spesso limitanti, perché la parola può essere ambigua; perciò la formalizzazione, non necessariamente esoterica come la matematica richiesta dalla fisica moderna, è un elemento fondamentale del nostro discorso. Poi sono tornato agli ipertesti, come struttura fortemente rappresentativa dei concetti espressi di sinestesia e di percezione che avviene attraverso relazioni; infine, ho proposto una carrellata di considerazioni in diversi settori espressivi, dalla pittura, alla musica, allarte. | | |