| CARLO MONACO assessore al Comune di Bologna, docente di Dottrina dello Stato
LA SCIENZA A VANTAGGIO DELL'AMBIENTE
Fin dalle origini dei tempi, la filosofia discute se la realtà è ferma o si muove, se lessere è o tutto diviene, cioè se debba essere prevalente una visione statica del mondo, delluniverso, oppure se si debba considerare il mondo come un grande sistema dinamico. Linterrogativo, applicato alla vita degli uomini, cioè alla categoria delletica, immediatamente diventa se la vita saggia non sia quella di chi se ne sta immobile, a meditare su se stesso: Non andare fuori, stai dentro di te era la direzione indicata da SantAgostino. Ho rivisto di recente al cinema il film Simon Mago, di Buñuel, in cui uno stilita vive per quarantanni in cima a una colonna: è la negazione totale della mobilità, è la spiritualità intesa come contemplazione e inerzia. Al contrario, laltro modello che abbiamo sempre visto è luom di multiforme ingegno che molto errò. Da Ulisse in poi, il viaggiare è sinonimo dellessenza stessa della conoscenza umana, quindi la categoria morale più importante dal punto di vista dellesistenza. Il tema del viaggio non è affatto marginale, perché investe i modi dintendere la vita e lessenza stessa delluomo. In un ufficio del Ministero della Difesa dove visse il gerarca fascista Italo Balbo, ho letto sulle pareti alcune frasi celebri, tra cui le seguenti, che sono lantitesi luna dellaltra e riflettono le tesi di cui stiamo parlando. Chi vola vale, chi vale non vola, chi vale e non vola è un vile, dice una di esse. Singolare, una sorta di futurismo etico dannunziano. Alla parete opposta, ho sbirciato laltra, in latino: Caelum non animum mutant qui trans mare currunt, quelli che corrono di qua e di là dal mare cambiano il cielo, lambiente, ma non lanimo. In altri termini, a nulla serve affannarsi per viaggiare tanto. È esattamente la smentita del Chi vale vola. Se poi prendiamo la chiave storiografica in senso stretto, gli storici del lungo periodo sostengono che in origine, quando luomo non era più un ominide, gli uomini viaggiavano, pur non avendo tecnologie. Non essendo legati alla coltivazione agricola, incapaci di trarre frutto dalla terra per sopravvivere, dovevano continuamente spostarsi. Poi, arrivò una grande fase stanziale, legata allinvenzione dellagricoltura, quindi alla capacità di produrre reddito sempre dallo stesso terreno e, quindi, alla necessità di consolidare la propria permanenza allinterno del territorio. Dalla cultura agricola nacque anche la cultura urbana, cioè della città come insediamento delle funzioni abitative legate al territorio. Sono venute, poi, fasi di nuova mobilità, che si sono alternate storicamente. Con la rivoluzione industriale e con letà delle ferrovie, che ha segnato tutto lOttocento, si è sviluppata lidea che ci si possa muovere. Pensate come rimase stupito il mondo quando, nel 1870, dopo la conquista di Parigi da parte dellesercito prussiano, Leone Gambetta riuscì a fuggire a bordo di un pallone aerostatico: devessere stata una scena meravigliosa, che aveva dellincredibile. Poi, è arrivato il turismo di massa. Lidea stessa di muoversi per ragioni turistiche era assolutamente sconosciuta a tutte le epoche passate, il turismo in quanto tale, il muoversi per diletto, per vincere lo stress, per trovare un luogo in cui passare sette giorni di relax, è un fenomeno assolutamente recente, non ha confronti in tutta la storia di altre epoche e di altre culture. Peraltro, è anche intimamente contraddittorio, come ben sanno coloro che vanno a Rimini destate: si pensa di riposarsi, ma poi lincolonnamento sulle autostrade delude ogni aspettativa. Sta di fatto che il fenomeno, pur criticato dagli intellettuali, cresce a dismisura e acquista dimensioni gigantesche. I futurologi cominciano a dire che seguirà una fase in cui ci fermeremo, perché dal computer di casa potremo fare tutto, sapere tutto, conoscere tutto, essere collegati con tutto il mondo, lavorare, addirittura avere un reddito. Quindi, verranno meno le ragioni della mobilità. Analisi sociologiche per ora smentite dai fatti, in quanto la mobilità è comunque in aumento. Muoversi è un diritto naturale, è una delle aspirazioni fondamentali, anche se poi chiunque è liberissimo, a una certa fase della vita, di ritirarsi in cima a una colonna. Il muoversi è una delle condizioni fondamentali dellesistenza che amplia le sfere della libertà individuale. Non cè fenomeno di mobilità che non sia legato ad ampliamenti degli spazi di libertà. I contadini medievali, che fuggono dal feudo e vengono al libero comune di Bologna, vengono perché laria della città rende liberi. Quindi, il movimento, il traffico, il viaggio e lincontro sono sinonimi di libertà. Non si deve dare troppo credito, a meno che non si sia fortemente mistici, alla tesi stanziale. Luomo ha il diritto di viaggiare, conoscere, scoprire; tutto ciò è umanità, è capacità di dialogo. Il viaggio è lo strumento con il quale noi scopriamo e modifichiamo il mondo. E il bello del libro di Aurelio Misiti, Il viaggio dellavvenire, è proprio nellidea che il futuro non possa essere segnato da generiche idee confuse in cui luomo rinuncerebbe a questa straordinaria conquista. Non se ne può più di filosofi veri o presunti che, da qualche secolo, demonizzano la scienza e la tecnica come se fossero i grandi mostri del presente. Questa tesi, diciamo pure di origine francofortese, secondo cui la scienza e la tecnica sarebbero gli strumenti che hanno sostituito lessere metafisico tanto da condannare allassoluta impotenza, non è condivisibile; anche una certa cultura ecologista, ambientalista, romantica, di rifiuto, è un po un sottoprodotto che si aggancia a questo. Certamente, esiste un problema dimpatto ambientale, di difesa dellambiente, ma è del tutto reazionaria la tesi secondo cui, per difendere lambiente, dobbiamo tornare indietro, andare controcorrente. Questo è il sottofondo ideologico di certe forme teoriche di difesa dellambiente. Non è pensabile che ogni intervento delluomo sia devastazione. Nella valutazione dellimpatto ambientale di un intervento antropico su un contesto, si deve considerare che può produrre un miglioramento delle stesse condizioni ambientali. Non si deve misurare solo il grado di danno di unopera pubblica sullambiente. Questa è sottocultura. Da quando gli Egiziani costruivano dighe sul Nilo, lintervento antropico sullambiente è stato finalizzato a ottenere miglioramenti ambientali. Chi lha detto che la natura sia il beato terreno dellEden dove tutto cresce ordinato, dove tutto porta vantaggio alluomo, il quale, invece, interviene a devastare? Questa è una tesi culturalmente ridicola e infantile. Pieno appoggio, dunque, alla tesi culturale del diritto di viaggiare, come sintesi di tutte le libertà e le aspirazioni delluomo, e allo sviluppo della scienza e della tecnica, come gli strumenti che possono consentirci di ottenere risultati straordinari. Non si tratta di esaltare le tesi progressiste. Può anche accadere una catastrofe, ma non sarà figlia diretta della scienza e della tecnica. Il processo va controllato, guidato, luomo deve spendersi nei suoi valori, nella sua intelligenza, in tutto il percorso. Pensare di tornare indietro è paura del futuro, è un ripiego, proprio come avveniva nel Seicento, nellArcadia, quando i nobili, non sapendo come passare il tempo, si vestivano da pecore e belavano, imitando i pastori. Di questo tipo di cultura oggi non abbiamo bisogno.
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