| CARLO MONACO assessore all'Urbanistica del Comune di Bologna, docente di Dottrina dello Stato
COSTRUIRE GIORNO PER GIORNO IL NUOVO
La prima cosa che vorrei dire del libro di Gianni Verga, Come avere cura della città, è che questo libro è dichiaratamente e programmaticamente migliorista. Chi ha i capelli bianchi ricorda con quanto disprezzo veniva usata questa parola nella cultura italiana: io stesso ne sono stato vittima designata, perché per una decina danni sono stato accusato di essere migliorista. Qual era la colpa del migliorista? Quella di rinunciare a una trasformazione radicale del sistema, di accontentarsi di piccoli cambiamenti. Solo recentemente si è capito che le alternative al sistema approdano quasi sempre allutopia, se non al terrorismo, e, quindi, oggi possiamo parlare del migliorismo come il punto fondamentale di riferimento della nostra azione. Lo sto verificando in questi miei tre anni di esperienza proprio nel modo dintendere lurbanistica: lurbanistica vera è sempre una mediazione, un punto dincontro tra due esigenze fondamentali di una società: una è la città in sé, laltra i suoi soggetti, i cittadini, con le loro storie, speranze, interessi. Per questo la cura della città, prima di tutto, è un dato che appartiene ai cittadini: la società è prima di tutto fatta dalla gente, non dagli amministratori. Se come amministratore posso documentare che lamministrazione pubblica a Bologna, oggi, impegna risorse umane e soldi almeno doppi rispetto a quelli che simpegnavano in passato nella pulizia della città e se vi è chi afferma che è più sporca di prima, si dovrà concludere che è modificata profondamente la mentalità dei cittadini. Per altro verso se a Bologna, per esempio, nel triennio 1999-2002 è stata concessionata e avviata la realizzazione di circa 1000 appartamenti lanno, contro i 350 del triennio precedente, un piccolo merito dellAmministrazione forse cè, nellaver favorito le pratiche, accelerato gliter. Ma vuol dire anche che il settore, gli imprenditori, gli investitori, i cittadini che desiderano farsi la casa sono impegnatissimi in questo campo. Solo se cè questa vitalità dei cittadini si riesce in qualche misura a favorire la cura: il liberismo, insomma, sottintende il più ampio spazio che devono avere comunque allinterno del dinamismo sociale i gruppi organizzati e gli individui. Pianificazione è una parola forte, che viene da una tradizione non certo di tipo anglosassone, dove tuttal più si è parlato di programmazione. Pianificare è tipico dei regimi totalitari, implica un taglio negativo, perché dirigistico: solo in urbanistica sopravvivono esplicitamente e teoricamente i piani, ancora concepiti come direzione accentrata di tutto lo sviluppo del territorio. Cè qui un modello che è sicuramente negativo, però, nello stesso tempo, non si può neppure rinunciare per intero allidea che lo sviluppo vada governato e guidato. Si tratta di dare senso a quella che possiamo ancora un po pigramente continuare a chiamare pianificazione, ma che in realtà significa linsieme delle regole che dobbiamo darci per guidare un favorevole sviluppo. Questa moderazione, insomma, è nellordine delle cose, è nelle esigenze che dobbiamo sviluppare, come avviene nelle procedure cosiddette concertative. Gianni Verga è stato uno dei primi nella Regione Lombardia a introdurre qualche legge che sta sotto la grande categoria dellurbanistica concertata, concordata, concorsuale, che tende a costituire questo terreno mediano tra il liberismo e la pianificazione, terreno nel quale i soggetti proponenti interessati e le istituzioni pubbliche trovano luoghi e forme libere per mettersi daccordo, il tutto in assoluta trasparenza, con metodi che sono proprio quelli della discussione di quale tipo di mediazione, tra interesse privato e interesse pubblico, si debba realizzare. Questa idea di migliorismo, secondo me, oggi può utilmente essere assunta da tutti gli amministratori pubblici come un terreno effettivo post ideologico di liberismo. Vorrei prendere in considerazione un secondo elemento, che forse deriva dalla mia formazione filosofica: nella lingua latina la parola città si dice in due modi: urbs e civitas. Urbs è lo spazio fisico, linsieme degli uomini. Civitas è la relazione sociale, lappartenenza, il legame. Evidentemente, lidea che la città, primancora di essere un luogo fisico, debba essere vista e interpretata come un sistema di relazioni sociali non è una stravaganza sociologica. Io ho una cultura politica un po mediana tra queste letture dei fenomeni sociali che oscillano tra lindividualismo atomistico, da un lato, e il comunitarismo e lorganicismo, dallaltro. Se dicessi che la città è come un corpo vivente, è come una pianta in cui ognuno rappresenta qualcosa, mi farei trascinare troppo sul versante della rappresentazione organicistica. Cadere però nella posizione opposta secondo cui esistono solo gli individui, e tutto il resto è solo contratto, rispetto dei patti e regole, significherebbe vedere nella vita sociale un elemento afono, dincomunicabilità, che non restituisce linterezza della libertà. Nelle nostre azioni, nei nostri gesti, nelle nostre scelte, cè sempre un tanto di speranza, di sogni, di fantasie, di paure, di desideri che appartengono anche alla sfera collettiva. La relazione sociale è fondamentale. Senza cadere, quindi, nellorganicismo, per quanto riguarda lurbanistica, non si può non vedere nellidea di spazio pubblico la forma in cui si estrinseca lidea di cittadinanza: lo spazio pubblico che devessere progettato, pensato allinterno di una città è la rappresentazione fisica e visibile di tutto ciò che lindividuo ha in comune con gli altri. Gli stessi luoghi fisici denotano in modo significativo quella che è la rappresentazione complessiva dei legami sociali: il luogo fisico può rimanere anche lo stesso, ma se sono modificati i luoghi sociali anchesso diventa unaltra cosa. I viali di circonvallazione sono un luogo splendido di passeggiate nelletà napoleonica e post napoleonica, con carrozze e spazi dove si va a prendere il fresco; sono un luogo tremendo di passaggio di automobili nel nostro tempo e, ahimè, sono luoghi di prostituzione generalizzata nelle ore serali. Sostenere dunque che sono sempre uno stesso spazio è unidea puramente meccanica, in realtà le relazioni sociali strutturano gli spazi, cambiano gli usi. Noi dobbiamo mettere nel nostro lavoro anche le interpretazioni dei luoghi nuovi, non cè solo la logica della conservazione. Lidea di cura forse può far pensare a unidea eccessivamente conservativa. Nulla di tutto ciò. La vera cura significa anche costruire giorno per giorno il nuovo. Le esigenze che noi non riusciamo a capire e a interpretare, il tempo libero di un uomo, i parchi pubblici, i luoghi del divertimento, le discoteche, le multisale, i cinematografi, questo nuovo che viene avanti non può essere esorcizzato, bisogna cercare di capirlo per inventare: lurbanistica è invenzione di spazi e di città, viene continuamente costruita, deve cercare di trovare le forme, ma tutto ciò sempre avendo questo sentimento che è la cura. Lespressione cura implica una riflessione: viene da un senso materno che è più forte dei legami sociali e di appartenenza. Avere cura significa un legame inseparabile, un sentimento molto profondo, non occasionale, un sentimento che forse io non ho verso Bologna perché non ci sono nato, ci sono solo venuto per luniversità. Quindi, pur essendo forte il legame con la città, che è cresciuto in questi anni, probabilmente non è così integrato come quello del mio amico Sindaco, che invece ci è nato, cresciuto e vissuto e può ricordare i momenti dellinfanzia con una passione e un sentimento più vivi del mio.
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