La trasformazione nel lavoro, nella vendita, nell'impresa | |||||||||||
Quadrimestrale, Spedizione in abbonamento postale EDITORE: Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna Questo giornale convoca intellettuali, scrittori, scienziati, psicanalisti, imprenditori sulle questioni nodali del nostro tempo e pubblica gli esiti dei dibattiti a cui sono intervenuti in Emilia Romagna e altrove, per dare un apporto alla civiltà e al suo testo. | |||||||||||
ANNA SPADAFORA psicanalista, direttore dellAssociazione Culturale Progetto Emilia Romagna IL CAPITALE INTELLETTUALE Lo scrive Emilio Fontela nel suo libro Come divenire imprenditore nel ventunesimo secolo e lo ribadisce in questo numero: leconomia nuova, grazie allevoluzione tecnologica, a breve sarà in grado, se non lo è già, di risolvere il problema che da sempre si è posta leconomia, cioè il problema della scarsità dei mezzi e delle risorse. Certo, il nuovo scenario dellimpresa, con Internet, le telecomunicazioni, lautomazione industriale, la globalizzazione dei mercati, il commercio elettronico, offre lopportunità di produrre molto in pochissimo tempo, in luoghi anche lontanissimi tra loro e con il minor sforzo. Un vero sogno per lEconomia con la maiuscola. Ma se non si tratta della solita promessa di felicità che ogni ideologia ha sbandierato, se la nuova economia non è soltanto un nome nuovo per riciclare vecchie credenze e luoghi comuni, dove incomincia la novità dellera di Internet? A sentire Jeremy Rifkin, nellintervista che appare in questo numero, la vera novità consiste nel fatto che il capitale è diventato intangibile: Siamo passati da uneconomia in cui il settore primario era la vendita di beni e servizi a uneconomia in cui il settore primario è la vendita di esperienza e cultura. [ ] Siamo passati da un commercio industriale a un commercio culturale, dove importa avere una storia da raccontare e unesperienza da portare. Importa il capitale intellettuale, non più il capitale tangibile. Addio vecchia cara proprietà, ci dice dunque Rifkin, il possesso di un bene non è più unesigenza primaria, anzi, nellera in cui contano le ragioni temporali, può divenire addirittura ingombrante. Ma già Machiavelli avvertiva il principe che il possesso è la rovina, che non occorre possedere una città per governarla. Anzi. E anche qualcosaltro gli consigliava, di leggere le istorie, e in quelle considerare le azioni degli uomini eccellenti e con industria farne capitale, per potersene valere nelle avversità, acciò che, quando si muta la fortuna, lo truovi parato a resisterle. Ecco il capitale del principe nuovo: il capitale della ginnastica intellettuale, non il capitale come possesso, come padronanza sulle cose, sugli uomini, sulla parola; il capitale a cui giunge un itinerario di qualità, non il fondamento da cui partire; il capitale in direzione della cifra, non della significazione. Eppure, secoli di reazione al Rinascimento hanno impedito la lettura del testo di Machiavelli che è divenuto, come nota Armando Verdiglione nel libro Niccolò Machiavelli, lanimale anfibologico di numerose dottrine e discipline in questi cinquecento anni. Nel Rinascimento, la virtù, quella che Leonardo da Vinci chiamava forza e qualche secolo più tardi Freud definirà pulsione era prerogativa del capitale intellettuale. Quindi, la realtà virtuale era quella del principe nuovo, del principe impersonificabile, non un soggetto ma un dispositivo artificiale, cioè il ritmo delle cose che dicendosi si fanno, non lo strumento per lazione. Che cosa sarebbero oggi la realtà virtuale, Internet, le nuove tecnologie, le telecomunicazioni, senza il dispositivo artificiale, senza la parola? Una droga, una nuova forma di soluzione dei problemi dellimpresa e della vita. Ma, attenzione, dice ancora Machiavelli: chi è cagione che uno diventi potente, rovina, perché non cè soluzione se cè la parola. Tutto ciò che si propone come la soluzione fa presto a mostrare la corda del fallimento. È sempre lalbero del bene e del male che viene posto dinanzi, il peso del ricordo, del peccato, dellincesto, della pena, posto dinanzi. Ma se limpresa vivesse nellattesa del tempo del bene da una parte e si adoperasse per scacciare il male dallaltra, non sarebbe unimpresa, non sarebbe una nave in viaggio verso la qualità, tuttal più un salvagente. Il capitano dimpresa, lo statuto in cui la cifrematica chiama ciascuno a vivere nel secondo rinascimento, in una società senza assistiti e salariati, una società di brainworkers (per dirla con Fontela), oggi più che mai, diviene qualità nella parola, non cercando soluzioni alternative, né credendo che la difficoltà della parola possa essere elusa attraverso i nuovi media. Nessuna droga, nessuna sostanza al posto della parola, con la sua particolarità, la sua logica, e la sua struttura, la sua cifra. La parola non può essere manipolata, non può essere presa in una mano, per questo anche la mano è intellettuale. Non a caso, proprio nel Rinascimento è stata messa in discussione la separazione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. I lavoratori di cervello, i brainworkers producono senza chiedere un tempo e un luogo per pensare. E la loro produzione è poesia (come dice letimo di poiesis in greco, che vuol dire sia poesia sia fare). In questo sono imprenditori del secondo rinascimento, nel loro trovarsi costantemente nella domanda (dalletimo latino de manum dare, in cui cè la mano), nella rivoluzione in atto, anziché nella rivoluzione celeste, nella promessa di portare il cielo sulla terra, come la presunta rivoluzione tecnologica sembra evocare. Con la rivoluzione cifrematica il rivolgersi delle cose verso la loro qualità, verso la cifra la terra non è più terrestre e ciascun giorno nellimpresa della parola è una battaglia della rivoluzione in atto. Soltanto chi si trova nella domanda, chi non elude la difficoltà della parola, chi, grazie alla psicanalisi e alla cifrematica, incontra nel sintomo una risorsa, nellimpasse una fortuna e nella schisi unavventura, ha la chance di vivere la realtà nuova, la realtà virtuale e la novità dellinvenzione e dellarte oggi. Poiché, senza ancorarsi ai principi del discorso occidentale, se si trova nella domanda, ciascuno ha la chance di parlare nellaltra lingua, la lingua della ricerca e della storia, e dintendere nella propria, la lingua diplomatica, la lingua della comunicazione. Oggi più che mai, la realtà che ci prospetta leconomia nuova è la novità che spetta alla lingua diplomatica e alla sua comunicazione. Ovvero, le cose si fanno secondo loccorrenza, senza essere sommate e soppesate, perché la battaglia è una costante, non uneccezione. Se limprenditore crede che ci sia un istante senza la battaglia, accetta la morte. La fede nella riuscita non implica lassenza di battaglia. Tuttavia, se fino a qualche anno fa cera la demonizzazione del profitto e del piacere, ossia dellarte, della cultura e dellimpresa, oggi che gli stessi economisti parlano di capitale intellettuale la nostra fede nella riuscita deve procedere da una speranza molto più grande. | |||||||||||