| ARMANDO VERDIGLIONE psicanalista, cifrante, imprenditore
LE DONNE, LE IMPRESE, IL CAPITALISMO INTELLETTUALE
intervista di Sergio Dalla Val
Il 7 aprile di questanno, alla Villa San Carlo Borromeo di Senago, lei ha tenuto una conferenza dal titolo Le donne, le imprese, il capitalismo intellettuale. Perché lei afferma che la prima intersezione fra donne e imprese avviene nel Rinascimento?
Prima di Ludovico Ariosto, nessuno aveva incominciato un poema con Le donne
. Prima, cerano le Muse. È chiaro che il poema di Ariosto è ironico e, quindi, subito arrivano i cavalieri: Le donne, i cavallier.... Seguono larme, gli amori, / le cortesie, laudaci imprese io canto, che furo al tempo che passaro i Mori / dAfrica il mare
. E siamo già alle imprese! Le cortesie, poi, non hanno nulla a che vedere con lamor cortese. Ariosto è assolutamente ironico verso le cortesie. La cortesia fondamentale è quella che tratta lamore e lodio in funzione della salute mentale. Dicevo che prima cerano le Muse, ma è chiaro che solo con il cristianesimo e poi con il cattolicesimo intervengono le donne.
Per Aristotele, la donna rientra in un genere, e non può essere paragonata alluomo, perché sarebbe incapace di compiere leconomia del sangue. Forse incomincia qui il discorso occidentale, e il motivo per cui esso ha mancato limpresa.
Io non dico La donna, sarebbe assurdo. Sarebbe una replica a Aristotele che dice: ogni uomo è mortale. Quando diciamo le donne possiamo dirlo soltanto in un modo che si espone al paradosso. Le donne non sono un insieme. Ricordiamo che Aristotele era maestro di Alessandro, un principe che diviene re e uno dei più grandi imperatori. Che cosa impara Alessandro da Aristotele? La falange macedone era molto efficace già con Filippo, ma con Alessandro diviene un esercito. È soltanto con Alessandro che il discorso politico diviene discorso militare. Questo aspetto non è ancora così chiaro in Platone, lo diviene in Aristotele. Poi, si accentuerà con il diritto canonico, e con quel discorso che diverrà linquisizione. È lungo questo discorso che la struttura dellimpresa, la struttura dellindustria che non dovrebbe assolutamente essere militare, nellaccezione propria di quel discorso della guerra che è il discorso occidentale diventa militare. Quando limpresa assume una struttura militare, le donne, tuttal più, possono essere addette allinfermeria, alla farmacia, alle pulizie, alla segreteria (non una segreteria nel senso di cancelleria, ma una segreteria dove non siano partecipi a nessun segreto, dove ignorino il sapere sullAltro). La novità, in Europa, arriva con il Rinascimento. Ma è grottesco porre le cose in termini di parità sociale, in termini conformistici. Come dire che basta affidare a una donna un ruolo svolto da un uomo perché la struttura dellimpresa non sia più militare! Se noi facciamo la replica a Aristotele o a Hegel, noi ci limitiamo a umanizzare le donne, a virilizzarle, e contribuiamo a rendere il carnevale una faccenda sociale. Ho accennato allirruzione delle donne nel Rinascimento, alla misoginia strana, paradossale, di Leon Battista Alberti, che procede dallantifrasi e, quindi, dallironia, pertanto dallemergenza della parola. Nella parola originaria, la chance è per ciascuno. È chiaro che se una donna si accontenta di essere femminile non ha nessuna chance, le basta partecipare a una mascherata ritenuta sociale. Se, poi, una donna si fa materna è una rovina e si rovina.
Vale anche per un uomo?
Se un uomo si fa materno è fottuto! E se ne trova una vasta gamma nelle varie categorie sociali e professionali
La demonizzazione dellimpresa si è avvalsa spesso della denuncia di sfruttamento, in particolare delle donne.
La prima conseguenza della negazione della questione intellettuale per una donna è che si fa vittima. La differenza sessuale prescinde dalla differenza tra uomo e donna, non è rappresentata né significata dalla differenza tra uomo e donna. Quella che chiamo differenza sessuale segue al tempo, e alle indicazioni del tempo, ai suoi tre indici: la madre, lAltro, la morte. Dominatori o dominati, sfruttatori o sfruttati, tutto ciò presuppone il godimento tutto, il godimento, il dispendio come causa. E presuppone lassenza della funzione di nome e della funzione di zero. Questo non toglie che ci sia il frutto, che ci siano il rendimento o il profitto, che sono unaltra cosa. Il profitto non è una faccenda intersoggettiva. E il frutto non esige affatto il soggetto. Voglio ribadire che il soggetto è una creatura sorta dalla funzione di morte. Il frutto è nella scrittura del labirinto e nella scrittura del paradiso, nella scrittura della ricerca e nella scrittura del fare. Dunque, sfruttamento ha questa accezione assolutamente insolita: non è sfruttamento delluomo sulluomo (o sulla donna), ma è linstaurazione del frutto, per usare questa metafora. La parola non è un albero. Se esistesse una figura del due, potremmo dire che lalbero è la figura della relazione, la figura del due. Manteniamo questo termine frutto perché è diventato un termine giuridico, estrapolato dallalbero genealogico: dallusufrutto allo sfruttamento. Dire sfruttamento nellaccezione corrente è come dire che le cose procedono dallalbero genealogico. Ma cè uno sfruttamento che invece procede dal due, anziché dallalbero genealogico e non è umano.
Quali sono le implicazioni di una società con un capitalismo intellettuale, senza lideologia della protezione e dellassistenza?
In una società intellettuale, non soltanto limpresa è senza protezione e senza assistenza e, quindi, esiste il rischio, ma gli indici del tempo (la madre, lAltro, la morte) non possono essere assunti da un soggetto. Farsi carico del negativo è farsi vittima. Ripeto, limpresa senza le donne è unimpresa senza intellettualità. Ma le donne non sono un insieme, non sono lì per rivestire un ruolo umano, come se stessero al posto di ogni uomo. Limpresa non è fatta da uomini e donne perché è limpresa del tempo. La parola non è collocabile. La questione non è, quindi, dove collocare gli uomini e dove collocare le donne in unazienda, per esempio ma è dinstaurare un dispositivo intellettuale, una società altra. La questione essenziale per ciascuno, uomo o donna, è divenire statuto intellettuale, divenire dispositivo e non fondarsi sulla genealogia, che non cè.
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