Numero 9

La politica di vita
Quadrimestrale, Spedizione in abbonamento postale

EDITORE: Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Questo giornale convoca intellettuali, scrittori, scienziati, psicanalisti, imprenditori sulle questioni nodali del nostro tempo e pubblica gli esiti dei dibattiti a cui sono intervenuti in Emilia Romagna e altrove, per dare un apporto alla civiltà e al suo testo.
ARMANDO VALLADARES
Dissidente cubano, ex ambasciatore americano per i Diritti Umani all'ONU

LA REALTÀ DI CUBA

Nel 1959 la maggior parte del popolo cubano appoggiò la rivoluzione di Castro. Quel discorso che denunciava le ingiustizie, quelle idee di libertà, di rispetto della vita umana, le dichiarazioni di Castro, secondo cui egli era contro tutte le dittature, mi fecero credere che alla fine la mia patria avrebbe avuto una società libera. Penso che il mondo intero fosse favorevole a Fidel Castro, i popoli credevano in lui. Però molto presto arrivò la delusione, perché lo stesso Castro, che si autoproclamava vincitore della dittatura fascista, non fece altro che stabilire la propria dittatura, mille volte più repressiva e sanguinaria di quella che combatteva. Per me, non c’è nessuna dittatura buona, nessuna giustificazione, i crimini e la tortura sono abominevoli di destra o di sinistra che siano. Sfortunatamente, non c’è differenza tra la tortura che avveniva per mano della polizia di Pinochet e quella che avveniva con Fidel Castro. Tutti questi crimini, i campi di concentramento e la mancanza di libertà in tutti questi anni hanno avuto come giustificazione il fatto che Castro ha costruito scuole e ospedali. Allora, dovremmo giustificare ancor più Hitler, il quale fece costruire molte più scuole e molti più ospedali di Fidel Castro. La propaganda di regime ha presentato Cuba nel 1958 come una terra di disperazione in cui le persone morivano in mezzo alla strada, senza assistenza medica e come se tutti fossero analfabeti. La colpa è di alcuni giornalisti che prendono per vere le notizie fornite loro dal governo cubano. Se consultassero gli Annali delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Salute, constaterebbero che prima della rivoluzione l’indice della mortalità infantile a Cuba non era del 37 per mille, come dice il governo cubano, ma del 17 per mille, ossia il più basso dell’America Latina, che seguiva a quello degli USA. Nel 1959, Cuba era il terzo paese per le entrate pro capite dell’America Latina: i lavoratori avevano il diritto di organizzarsi in sindacati liberi e di negoziare collettivamente con le imprese, il diritto di sciopero, un salario minimo, non potevano essere licenziati senza una vera ragione, vacanze pagate, il diritto alla settimana di cinque giorni di lavoro e alla giornata lavorativa di otto ore. C’erano molti sindacati nazionali e 2490 sindacati locali. Attualmente gli operai cubani non hanno diritto allo sciopero, non ci sono sindacati liberi, lo stipendio mensile netto è di circa due dollari, circa 150 pesos cubani. Queste condizioni di lavoro sono mantenute da molte imprese di lavoro spagnole e italiane, che si prestano a questo sfruttamento degli operai cubani.

Nel 1959, anno della rivoluzione, l’associazione dei giornalisti di Cuba fece un censimento in tutta l’isola e constatò che 17.000 persone vivevano in miseria; attualmente vivono in queste condizioni più di 100.000 persone, in casupole senza impianti sanitari e senza pavimenti. Nel 1959 Cuba non riceveva alcun aiuto finanziario internazionale. Dopo, sotto la dittatura di Castro, l’aiuto che l’Unione Sovietica inviava a Cuba era utilizzato per sostenere le guerre in Africa e nell’America Latina, sovvertire l’ordine in tutto il mondo e sostenere il grande apparato che contribuiva a mantenere il dittatore al potere. Queste migliaia di milioni di dollari, pari alla somma del Piano Marshall e dell’Alleanza per il Progresso messi insieme, avrebbero potuto servire per migliorare le condizioni di vita del popolo cubano. Grazie al contributo sovietico, la società cubana è forse più sviluppata, civilizzata e libera? Se oggi raggiunge i primi posti nelle classifiche mondiali è soltanto per la mancanza di libertà, per la repressione, per i crimini contro i diritti umani. Un quinto della popolazione è obbligato a fuggire dall’isola: come se l’Italia avesse circa tredici milioni di esiliati politici. Dal 1959 a oggi il regime di Castro ha fucilato nelle carceri più di ventimila cubani.

Il mondo non voleva credere alla brutalità dei campi di concentramento nazisti, dovette aspettare la fine di Hitler, quando i cameramen entrarono nelle stanze di tortura e conobbero i dettagli, e allora il mondo inorridì. Lo stesso succederà per Cuba, e allora molti di voi crolleranno dal dolore. Cuba attualmente è ai primi posti della violazione dei diritti umani dell’uomo, li viola praticamente tutti. Io ho passato ventidue anni nelle prigioni, fui condannato per crimini morali. Non c’è una sola prova contro di me, eppure, non c’è un solo centimetro del mio corpo che non sia stato colpito e torturato. Amnesty International ha denunciato che il trattamento dei prigionieri politici cubani è crudele, inumano e degradante, e per di più fa uso della tortura.

La Croce Rossa,  l’Ufficio Internazionale del Lavoro e altri organismi denunciano costantemente la violazione dei diritti umani a Cuba. Castro eliminò istituzionalmente la libertà di espressione, di pensiero e di religione. La Costituzione comunista del 1976, all’Art. 54 dice: “È punibile opporre le credenze o le fedi religiose alla rivoluzione”. L’abolizione delle istituzioni e delle scuole cattoliche avvennero dall’inizio della rivoluzione. La libertà di espressione è proibita dall’Art. 52, che riconosce ai cittadini libertà di parola e di stampa conforme ai fini del Partito Socialista, per questo, i quotidiani, la radio e la televisione sono controllati dal Partito. L’Art. 13 elimina la proprietà privata quando dice: “Lo Stato organizza, dirige e controlla l’attività economica nazionale”.

(Trascrizione tratta dal dibattito tenutosi a Bologna il 10 novembre 2003, organizzato dall’Associazione “Impegno Civico” di Bologna).