Numero 15 - L'icona del valore
Roberto De Caro
direttore della rivista "Hortus Musicus"
I RISCHI SOCIALI DELL'ARCHISTESIA
Archestesie è un libro molto stimolante: contiene una notevole quantità di temi, sollevati e indagati dagli autori con spirito libero. Scorrendo le sue pagine, mi è venuto in mente il grande affresco archestetico di uno dei massimi pensatori del ventesimo secolo, Stanley Kubrick, in un celebre film, Arancia Meccanica, costruito su sinestesie, anzi, su sinestesie immaginate in relazioni ancora più complesse: archestesie appunto. Quest’opera fantasociale è una riflessione sul condizionamento e il controllo degli individui da parte di un Potere che, volendo rinunciare alle classiche misure repressive del sistema carcerario, affida alla Scienza il recupero dei criminali. Il protagonista, Alex, verrà sottoposto a coercitive manipolazioni archestetiche, miranti ad inibirne permanentemente gli impulsi aggressivi con una massiccia dose omeopatica di visioni cruente, suoni e sensazioni indotte dalla somministrazione di apposite sostanze. In seguito, oltre a non poter più praticare l’«amata ultraviolenza» perché il corpo reagisce agli stimoli adrenalinici e sessuali con forti dolori e nausea paralizzante, il nostro eroe non sarà neanche più in grado di ascoltare il prediletto Beethoven, accidentale ma essenziale componente sinestetica del trattamento. Reinserimento contro libero arbitrio, dunque, “normalità” mutilata dell’orizzonte di scelta. Una metafora per dire che l’indagine dei meccanismi archestetici non si fermerà alle loro virtù, alle sensazioni positive o, come viene piacevolmente illustrato in questo saggio, al miglior modo di riconoscere e apprezzare le meraviglie del tartufo o di un appartamento ben strutturato, ma servirà a molto altro, purtroppo, come ha già cominciato a farci capire il precedente intervento di Barbara Bernardi, che mi ha assai impressionato, o meglio, terrorizzato. Lo sfruttamento a fini pubblicitari dei risultati delle ricerche sul funzionamento del cervello, sulle modalità della percezione, che diventano immediatamente arma del mercato puntata contro di noi, mi allarma: non vorrei che i nostri amici si ritrovassero qualcosa di imprevisto sulla coscienza. Càpita, agli scienziati.
Un’ultima osservazione circa la parte curata da Francesco Rampichini, sulla quale grava il sospetto del percorso sapienziale, anche se gli autori sanno opportunamente ironizzare su se stessi e arginare le incombenti derive gnostiche. C’è una pagina in cui egli racconta della sua visita a Redipuglia dove sono custodite le spoglie di centomila caduti della Grande guerra durante la quale è investito da un’emozionante esperienza sinestetica, non potendo fare a meno di udire, alla vista del sacrario, il grido «Presente!». Quando ci sono andato io invece ho sentito distintissimo un coro che urlava «Assassini!»: che le relazioni archestetiche si formino a partire da un «esterno pre-culturale» sarà anche vero, ma mica sempre.
Ringrazio gli autori e invito il pubblico a una lettura approfondita del libro: ne vale la pena, a condizione che si rifletta anche sui pericoli di un uso socialmente spregiudicato delle potenti tecniche archestetiche, che, si è capito, non sono affatto un gioco.