La Città del Secondo Rinascimento

Numero 17 - La salute intellettuale

Eugenio Colussi
ricercatore, saggista

LE CHIAVI DI CASA AI FIGLI DISABILI

Un tema che con sempre più intensità si pongono le famiglie con figli disabili è quale possa essere il futuro dei loro figli nel momento in cui i genitori non ci saranno più o non saranno in grado di rispondere in modo adeguato alle loro esigenze. Da non molto le famiglie, le istituzioni e le associazioni di volontariato sembrano convenire sulla necessità di costituire, finché i genitori sono in vita, dei dispositivi organizzativi che consentano ai figli un’esistenza dignitosa e che presentino fondate garanzie di permanenza della qualità della vita nel tempo. Solo un intervento che affianchi e sostenga la famiglia, prima che si verifichi l’inevitabile esaurimento delle energie familiari, e predisponga le fondamenta della futura situazione (non solo abitativa, ma sopra tutto la situazione in toto delle funzioni e gestioni genitoriali), può evitare non solo dolorosi e bruschi traumi, ma anche, come spesso avviene, l’invecchiamento della persona disabile parallelamente a quello dei genitori.

Queste considerazioni e constatazioni sono state la vera, forte motivazione che ha indotto, nell’ottobre 2005, ventisei familiari a costituire la Fondazione di Partecipazione “Le Chiavi di Casa - Onlus”, con lo scopo di garantire la massima tutela del disabile e la qualità della sua vita, anche progettando e costituendo modelli e percorsi alternativi all’istituzionalizzazione, che favoriscano la graduale indipendenza di queste persone dalla propria famiglia.

Sono finalità tanto innovative quanto essenziali, che hanno trovato, nei comuni e nel Servizio dell’Area Dipartimentale Integrazione Sociale del Distretto Pianura Est, una risposta politica, economica e tecnica, che ha portato alla realizzazione del Progetto Sperimentale di Trebbo di Reno, consistente nella gestione fuori famiglia di due ragazze disabili.

Il Comune di Castelmaggiore ha messo a disposizione di Elena e Silvia un appartamento in cui esse possono svolgere, con la collaborazione di una governante, la gestione delle attività quotidiane senza il diretto sostegno dei genitori. Si tratta in questo modo di un approccio terapeutico basato sullo sviluppo delle loro risorse e abilità, diversamente da più consueti percorsi residenziali, orientati principalmente alla sicurezza e alla protezione. Potremmo dire che questo percorso verso la vita indipendente – che prevede, come per gli altri coetanei, il graduale distacco dalla famiglia proprio con la collaborazione della famiglia stessa – ha la chance di attuare un dispositivo di cura quale istanza di qualità della vita, perché possa venir meno quel prendersi cura, quel preoccuparsi che troppo spesso limita anziché favorire la crescita del diversamente abile.