Numero 20 - La scienza, l'arte, la poesia
Lucien Sfez
già docente di Scienze politiche e direttore del dipartimento di Comunicazione, tecnologia e potere, Università di Parigi I Panthéon-Sorbonne
TECNICA E POTERE
Un grande medico francese diceva che la salute è il silenzio degli organi. Per tutta la vita cerchiamo una cosa: che gli organi tacciano. Dopo una malattia, non vogliamo più ascoltare il nostro corpo. Attraverso il corpo, la malattia ci fa entrare progressivamente in un contesto esclusivamente sociale con il medico, con le medicine, con la sanità e, quando moriamo, il nostro corpo è completamente inquadrato nella società. Dunque, nonostante le credenze dell’ideologia individualistica, il corpo non ci appartiene. Il giurista e psicanalista Pierre Legendre diceva che il corpo appartiene al padre, al nome del padre e, dunque, alla patria. Per esempio, il genoma umano appartiene a ciascuno, ma negli Stati Uniti hanno incominciato a dire che appartiene agli industriali che hanno i brevetti. Questa pretesa ha provocato l’ostilità della Francia, della Russia, dell’Unione Europea e di molti scienziati che pensavano con una certa ingenuità che le scoperte della scienza fossero fruibili da tutti. Così, al convegno di Valencia del 1988, si è stabilito che per vantare una proprietà sul corpo umano devono esserci ricerche che abbiano realmente trasformato i dati iniziali: una semplice scoperta non basta. Se c’è un’invenzione che permette di trasformare un gene, allora è possibile vendere la trasformazione con il brevetto.
In questo esempio è chiaro che il corpo è sociale e appartiene a tutte le nazioni: c’è infatti una distribuzione della ricerca tra molte nazioni del mondo, eccetto la Germania, a causa dei ricordi del nazismo e degli esperimenti nei campi di concentramento. Ciascuna nazione studia una parte di genoma e un giorno si arriverà a fare la mappa. Il corpo è sociale e mondiale, e si sta giocando una partita planetaria in materia di biotecnologie, con riflessi sul piano economico e sociale. Per le assunzioni al lavoro, per esempio, i test genetici potrebbero soppiantare quelli psicologici. Oggi si attribuiscono alla genetica le malattie presunte mentali, l’omosessualità, il carattere pericoloso, i successi nel lavoro, il potere politico e persino le capacità matematiche. Negli Stati Uniti gli assicuratori minacciano di non coprire le spese mediche per il bambino la cui madre viene avvertita che il figlio, in un futuro non meglio precisato, potrebbe sviluppare una malattia genetica. Alla madre non resta che scegliere tra l’aborto e un figlio, la cui salute costerebbe molto cara perché gli assicuratori rifiuteranno di pagare i costi delle cure, se un giorno dovesse averne bisogno.
Il rischio genetico della malattia è reificato come la malattia stessa, anche se non c’è il relativo sintomo. L’ideologia del progresso umano assume un tono molto chiuso su se stessa. Il progresso passa attraverso la coazione tecnologica dei nostri geni e la nozione di perfezione prende il posto della nozione di sacro.
Un secondo esempio di come la tecnica sia completamente inseparabile dalla politica è il problema dell’ambiente. Il XXI secolo è quello del surriscaldamento climatico, che la terra ha sempre conosciuto, ma mai in tempi così rapidi, a causa dell’inquinamento. Ho fatto un’indagine sulle Alpi del sud, dove non nevica da due o tre anni: i montanari rifiutano di vedere il problema, perché per risolverlo bisognerebbe cambiare completamente l’economia della regione. Nella Camargue, dal 2000 il livello del mare si è alzato di quindici centimetri, per cui sul litorale le case sono piene d’acqua e le strade non sono più percorribili. Poi c’è la crisi dello champagne, che non si può produrre a causa dell’aumento della temperatura nelle zone d’origine, e questo costringe i viticoltori a comprare terreni nel nord della Francia o in Belgio. Tutte queste catastrofi, o autolimitazioni per evitare catastrofi, dipendono da scelte politiche, anche se presentate come tecniche.
Consideriamo il nucleare, che i verdi odiano perché sarebbe sporco, mentre invece è essenziale perché non produce anidride carbonica. Gli italiani possono avere una visione purista, perché comprano l’elettricità in Francia. Ma avere le centrali in Italia o averle a due passi, in Francia, è la stessa cosa. Tutto questo per ribadire che sono scelte politiche, che non è la scienza a decidere, come credeva il marxismo, completamente legato a un secolo scientista, quale era il diciannovesimo.
Prendiamo un ultimo esempio: la clonazione. Sicuramente la clonazione si farà anche per gli uomini, anche se non ci piace, perché la storia della tecnica prova che, quando le cose sono arrivate a maturità in laboratorio, poi si eseguono, se trovano il mercato. Il problema è quello della distinzione tra l’impossibilità biologica e l’impossibilità sociale, perché la clonazione causa problemi etici e giuridici maggiori di quelli biologici, che toccano la natura umana e la definizione stessa di umanità.
L’orrore di riprodurre la specie umana, da un punto di vista scientifico, è sorprendente: i gemelli, a parte gli stessi geni e la forte somiglianza delle caratteristiche fisiche, non sono identici. Ma ci sono due tipi di problemi sociopolitici: 1) il disordine mostruoso della filiazione; 2) il rischio di una nuova schiavitù. Gli individui prodotti dalla clonazione saranno geneticamente identici a quelli da cui derivano e, essendo spostati in avanti, sembreranno i loro figli mentre sono solo i fratelli. Questa riproduzione asessuata creerebbe un disordine totale nei sistemi di filiazione: può arrivare a eliminarli o a far coesistere i sistemi tradizionali con i nuovi, così da arrivare a una distinzione e dunque a possibili discriminazioni, da cui potrebbe sorgere una nuova schiavitù. I cloni di domani potrebbero essere considerati come razze differenti e di varietà infraumana o postumana. Si può anche ipotizzare una situazione orribile in cui un certo numero di cloni costituirebbero riserve organiche per i trapianti. Produrre un bambino per salvare suo fratello leucemico è una vera strumentalizzazione, dunque, qualcosa da proibire completamente.
Può avvenire anche oggi che i genitori decidano di mettere al mondo un altro figlio per curare il figlio che non sta bene. Questo non è proibito. Ma allora perché nell’altro caso lo sarebbe? Occorrerebbe tutta una casistica delle interdizioni, ma il fondamento di un’interdizione generale è il razzismo. La gente clonata sarebbe sempre stigmatizzata. È chiaro allora che la vera ragione della sfiducia verso la clonazione è essenzialmente il razzismo, perché i cloni forse sarebbero un giorno dei sottouomini o dei superuomini. A questo punto bisogna dire che la tecnologia, non contenta di costruire un soggetto sociale nuovo, vuole arrivare a cancellare le origini biologiche naturali.
Ma questa è una questione politica, e tutti questi esempi sono politici. L’ideologia dominante nei nostri paesi sta nel separare la tecnica dal resto, ma è una menzogna.