Numero 30 - Come vivere
Angelo Mazza
storico dell'arte, Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia
ACCESSIBILITÀ, CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI
Ho effettuato una lettura parallela del libro di Lorenzo Jurina, Vivere il monumento. Conservazione e novità, con gli occhi dello storico dell’arte e del conservatore che si confronta con le metodologie di restauro impiegate per gli interventi sulle strutture e sugli edifici in genere e ho notato i numerosi punti di contatto e i comuni atteggiamenti, fino a una sostanziale sintonia, tra gli interventi di restauro architettonico e quelli degli oggetti mobili, per quanto questi ultimi presentino una estrema varietà di tipologie, dal dipinto alla scultura in pietra, dalla terracotta all’avorio, dal disegno su carta al tessuto, e così via. Il metodo suggerito e concretamente esperito da Jurina è infatti caratterizzato da un controllato equilibrio e da una consapevole moderazione. L’esperienza nel settore porta a limitare sempre più l’ottimismo ingenuo nei confronti degli interventi prodigiosi dalle immediate e sorprendenti trasformazioni e, al contrario, riconduce la sapienza dell’operare al rigoroso rispetto dei materiali originali e alla revisione prudente delle funzioni degli oggetti da tutelare.
Negli ultimi decenni, ad esempio, è stata capovolta l’ottica con la quale si affrontava il restauro delle decorazioni murali. È impressionante la disinvoltura con la quale un tempo si procedeva allo strappo delle decorazioni parietali, affreschi o tempere che fossero, sul presupposto pregiudizievole che l’interesse rivestito da queste opere si esaurisca nel sottile strato superficiale, indipendentemente dalla struttura di cui sono parte e che al contrario trasmette valore storico, testimonia motivazioni funzionali, giustifica le caratterizzazioni spaziali; una prassi abusata e ora del tutto abbandonata, se non nei casi estremi, e comunque nella consapevolezza dell’inevitabile perdita di essenziali significazioni di cultura. Tanto più conosciamo un edificio o un dipinto, tanto più siamo indotti a conservare tutto ciò che appartiene alla sua struttura e al suo aspetto originari.
C’è stato un lungo periodo, inoltre, in cui tutte le ridipinture sui dipinti e sulle sculture policrome, senza distinzione di sorta, venivano acriticamente cancellate in quanto considerate sovrapposizioni fastidiose e improprie che disturbavano l’apprezzamento dell’ispirazione originaria dell’artista; per poi rendersi conto che la ricchezza della storia ha fatto rivivere quelle opere attraverso il tempo secondo il gusto delle diverse epoche, contribuendo alla loro valorizzazione con segni visibili. È verosimile che quelle ridipinture esprimessero la cultura, la sensibilità, l’apprezzamento di momenti alti della cultura figurativa, capaci di porre rimedio ad antichi danni e lacune traumatiche della storia in un rapporto di sintonia con il passato. Un dipinto, così come un edificio, non esaurisce il proprio valore di testimonianza di cultura nel nome dell’artista che lo ha prodotto, ma vive nel tempo generando cultura, cresce unitamente all’attenzione critica che le diverse epoche gli hanno riservato.
Nel libro di Lorenzo Jurina si ritrova una simile sapienza fondata sull’esperienza, alla quale è indissolubilmente legata la consapevolezza delle finalità e del carattere strumentale degli edifici; da cui deriva l’obbligo dell’accessibilità del bene. Questa garantisce meglio di ogni altra soluzione la conservazione e la valorizzazione delle opere e insieme il suo controllo continuo e incrociato. Ne è una dimostrazione la Galleria Estense nella quale si svolge la presentazione di questo interessante volume. Non c’è dubbio che le opere appese alle pareti, o collocate nelle vetrine, esposte tutti i giorni alla vista del pubblico sono più tutelate di quelle conservate nei depositi, benché queste siano sotto il controllo dei conservatori e la loro esistenza sia nota grazie alle campagne fotografiche, alle schedature e, più modernamente, alle reti informatiche e telematiche. L’accessibilità di un bene si conferma quale garanzia più efficace di conservazione e, ovviamente, di valorizzazione del patrimonio artistico.