Numero 16 - La tolleranza e l'ospitalità
Roberto Cestari
medico, saggista
L'INTOLLERANZA PSICHIATRICA
Nei suoi libri lei spesso sottolinea che la psichiatria più che una scienza è un sistema di controllo sociale. Può spiegare perché?
Io faccio il medico, e se entra nel mio studio un paziente che dice: “Dottore, sono stanco”, non posso fare diagnosi di “stanchitudine”. Il paziente si arrabbierebbe, io farei cattiva medicina e sarei anche uno sciocco se dicessi una cosa di questo genere. Infatti, sono mille i motivi per cui una persona può essere stanca. Alcuni sono di carattere medico, come cardiopatie, malattie di altri organi, o anemie; altri sono di carattere più fisiologico, per esempio, la persona è stanca perché ha dormito poco, non tanto perché insonne, quanto perché ha lavorato molto, oppure ha mangiato male; altri sono ancora differenti: la persona può avere condotto un’impresa per lungo tempo, può aver fallito e sentirsi sfiancata, sfinita. Ciascuna persona manifesta la stessa sintomatologia legata alla stanchezza, ma le problematiche sono molto differenti. La psichiatria, quando parla delle “sue” malattie, riassume, cataloga, mette insieme sintomatologie, modi di sentire, modi di manifestare il disagio simili tra loro. Questo non significa che i problemi di quelle persone siano gli stessi. Di lì, poi, a dire che, addirittura, l’origine di tutte queste sintomatologie sarebbero specifici squilibri del cervello, di specifiche aree, di neurotrasmettitori, o sarebbe un’origine genetica, o di maggiore o minore funzionamento di una certa area o di un’altra, questa non è scienza, è fantascienza. A sostegno di queste ipotesi, infatti, non c’è niente di consistente, sotto il profilo scientifico. Un test, per avere validità in campo scientifico e indicare qualche cosa, dovrebbe essere sensibile e specifico. Sensibile, cioè individuare quella differenza che dovrebbe riscontrare, e specifico, cioè rispondere a quella differenza riscontrata in modo specifico. I test per provare le differenze che gli psichiatri, gli psicologi sperimentali, i neuropsichiatri affermano, non sono, rispetto a queste stesse differenze che dicono di riscontrare, né sensibili né specifici. Inoltre, una cosa è la causa o l’origine, l’altra è l’effetto. Se ho paura dei ragni ed entra in questa stanza un ragno gigante, molto facilmente avrò paura e il mio livello di adrenalina potrebbe alzarsi: questo non significa che il mio problema è quello di avere uno squilibrio dell’adrenalina; l’adrenalina è una conseguenza di ciò che succede. Tutti questi esami, quindi, sono esami presuntivi, lo dicono loro stessi, il M.I.T. di Boston, il National Institute of Mental Health e altri. Le immagini delle scansioni cerebrali, dei colori ottenuti attraverso la risonanza magnetica, l’emissione di positroni, i potenziali evocati e quant’altro sono solamente immagini caleidoscopiche che io definisco “molto carine”, ma che non hanno significato di alcun genere.
Alcuni scienziati affermano di avere queste prove attraverso immagini, o attraverso indagini genetiche, ma altri dicono che queste cose non ci sono, o non hanno valore. A questo punto, la questione, dal punto di vista del pubblico, diviene: a chi credere?
C’è una cosa che il pubblico, anche chi afferma di non avere competenza, può fare. Ammettiamo che questi scienziati che certificano le varie differenze attraverso immagini abbiano ragione. Allora, fate la diagnosi con queste, non con i test di domandine o con l’osservazione del comportamento. Si può fare diagnosi di un femore fratturato con una radiografia. Provino loro a fare altrettanto, se è vero che hanno queste prove diagnostiche sensibili e specifiche.
In psichiatria, attualmente, non c’è niente, riguardo alle malattie, che non sia deciso con un voto. Tutte le malattie psichiatriche, da quando è stato creato il DSM, il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali, vengono inserite nel manuale per votazione. Un gruppo di psichiatri si riunisce, magari in una stanza, e uno di loro dice: “Secondo me, quando un essere umano, anche un bambino, o un anziano, fa certe cose, ha una certa malattia mentale cui darei questo nome. Siamo d’accordo che questa sia una malattia?”. A questo punto, si alza la mano, si contano i voti, e, se la votazione dà esito favorevole, la descrizione passa come malattia. Come se potessimo riunirci e uno di noi dicesse: ”Adesso aboliamo il colera! Chi è d’accordo?”. Ritengo che ci siano cose che sono frutto di scelte politiche, altre che appartengono alla realtà del mondo concreto: queste possono piacerci o meno, ma ne fanno parte e non possiamo politicamente decidere che non esistono o che hanno un significato differente.