Numero 16 - La tolleranza e l'ospitalità
Giovanni Zanasi
Villa Cavazza "Corte della Quadra"
LA POESIA DI VILLA CAVAZZA
Il silenzio e la solitudine atta alla meditazione e al riposo dello spirito…”, così scriveva in un suo appunto Ferdinando II di Borbone nel 1789, quando osservava il luogo, poco distante dal Palazzo Reale di Caserta, dove aveva deciso d’intraprendere la costruzione della tessitura di San Leucio. Ritengo che i luoghi e le persone si cerchino e, quando si ritrovano, si accende un desiderio di consolidare e di esprimere questo rapporto.
Il senso di benessere, la percezione di essere in armonia con i luoghi e quanto li circonda, lo stato di serenità, il silenzio, la luminosità, il grande cielo, un microclima particolare dovuto alla presenza del fiume sono elementi oggi, nel loro insieme, difficilmente riscontrabili: questi elementi e queste sensazioni sono per me fortemente presenti alla Corte della Quadra.
L’integrità dei luoghi circostanti ha salvato e conservato quell’“aura”, per richiamare un concetto di Vittorio Sgarbi, che ogni edificio o complesso immobiliare deve mantenere, senza la quale resterebbe irrimediabilmente mutilato. Prima ancora di pensare e progettare un restauro questo luogo mi ha attratto e dato la sensazione di averlo conosciuto e abitato da sempre; un luogo al quale qualcosa mi legava senza tuttavia esservi motivi o fatti concreti. Non era il luogo della mia infanzia e dei miei ricordi; ma era un luogo che mi attraeva e richiamava.
Ho lasciato che il luogo mi parlasse e ho passato parte del mio tempo libero, per lunghi periodi, a passeggiare da solo e in silenzio ascoltando e immergendomi completamente nell’ambiente.
Ho quindi capito più profondamente quanto scrivevano Columella e Catone, nei loro trattati di agricoltura, sulla scelta dei luoghi dove costruire, dell’opportunità che chi intraprendeva doveva aver compiuto il trentaseiesimo anno di età, della necessità, scelto il luogo, di non costruire subito, ma di far trascorrere almeno un anno di osservazione, durante il quale era necessario passeggiare, guardare le piante e gli animali presenti, assistere alle variazioni climatiche nelle stagioni, far pascolare il proprio gregge osservandolo nei movimenti, ecc.
Sono convinto che molti piani regolatori se, anziché essere fatti a tavolino, fossero realizzati dopo permanenza e meditazione sui luoghi ai quali sono destinati, sicuramente avrebbero un risultato più soddisfacente per i futuri abitanti.
Partendo da queste mie sensazioni che provavo alla Corte della Quadra, in parte inspiegabili, con una certa curiosità, ho iniziato a ricercare notizie sulla storia di questi luoghi. Le terre in cui sorge Villa Cavazza e i relativi insediamenti facevano parte dell’enorme patrimonio che possedeva nel Medioevo l’Abbazia di Nonantola, le cui vaste proprietà si estendevano oltre che in Italia settentrionale, anche in Italia Centrale, in Francia e nei paesi balcanici. Il territorio di cui parliamo fu ceduto da Astolfo, re dei longobardi, alla “Augusta Badia di S. Silvestro di Nonantola” intorno all’anno 750. Successivamente, con l'avvento dei Franchi, Carlo Magno, con altro diploma dell'anno 776 conferma le proprietà ampliandole con altre donazioni, arricchendo così il già consistente patrimonio dell’Abbazia che in quel momento contava la presenza di ben 850 monaci. Gli abati, fra i quali vi fu anche San Carlo Borromeo (1560-1566), a loro volta concedevano, con atti notarili ritrovati presso gli archivi dell’Abbazia stessa, l’“Investitura” di un Livello (una sorta di affitto) della durata di 99 anni, pari a “tre generazioni”, alle più importanti e nobili famiglie modenesi, quali i Molza, i Castelvetri e i Cavazza, in cambio del versamento di un canone annuale.
Il sistema di queste investiture è proseguito con continuità per circa milleduecento anni, e cioè dall’epoca della donazione dei re longobardi sino al 1936, anno nel quale una legge speciale dello Stato Italiano permise il riscatto della proprietà da parte delle famiglie in quel momento “investite”.
L’interesse per il luogo e per il fascino che emanava mi ha portato alla decisione d’intraprendere il restauro del complesso immobiliare, restauro che è ancora in corso per la parte dell’ala dell’orologio. Naturalmente, la decisione non è stata solo mia, ma anche di mia moglie. L’esperienza del restauro condotta direttamente, senza molti tecnici intermediari, è stata straordinaria: una fonte inesauribile di problemi, di soluzioni, di conoscenze, di stimoli allo studio in numerosi campi. In quest’ottica sono stati recuperati tutti i vecchi serramenti con i loro accessori, e là dove non esistevano, sono stati integrati con altri di epoca giusta e coerente. Sono stati smontati e rimontati tutti i vecchi pavimenti per permettere il passaggio dei collegamenti degli impianti, sono state rinforzate le strutture portanti rispettando la parte esistente e utilizzando le stesse tecniche e gli stessi materiali utilizzati nel passato.
Il restauro ha costituito anche una straordinaria esperienza umana per la conoscenza di tante persone: artigiani, operai, restauratori. Uno stimolo all’amore e alla conoscenza per le cose del passato che ci parlano e aspettano di essere rispettate, capite, conservate e consegnate al futuro senza aver subito violenze e insulti.
Villa Cavazza dista circa 15 km da Modena ed è situata in quella zona della campagna modenese rinomata per la produzione del formaggio grana, dell’aceto balsamico e in particolare del lambrusco di Sorbara; è posta sulla riva sinistra del fiume Panaro e con altre dodici ville forma una sorta di riviera del Brenta modenese. L’accesso per tutte le ville era anticamente dal fronte fiume, tutti i complessi immobiliari infatti hanno la facciata principale rivolta a Est, verso l’argine, e cioè dalla parte opposta all’entrata attuale. Gli attuali accessi sono stati creati dopo il 1860, epoca in cui fu costruita la strada Panaria.
Villa Cavazza è situata all’interno di un complesso architettonico denominato “Corte della Quadra”. Il nucleo originario della villa è molto antico; esso era certamente più ridotto nelle dimensioni di quanto non appaia oggi. Tuttavia, la struttura pare abbia sempre avuto la caratteristica architettonica di una corte chiusa, dalla quale probabilmente trae origine il nome “Corte della Quadra”. Oggi questo complesso immobiliare è composto da tre corpi: la villa centrale e due fabbricati laterali simmetrici sormontati l’uno dalla torre dell’Orologio, l’altro dalla torre della Meridiana. Questi fabbricati formano con le ali laterali e i portici una corte chiusa che si apre di fronte alla villa. L’impianto architettonico attuale della villa nel suo complesso risale probabilmente alla fine del 1700, anche se non mancano e restano ben visibili parti più antiche, quali una parte dei portici sormontati da torri, alcuni locali a piano terra nell’ala dell’orologio, così come si è potuto costatare anche dall’esame di antichi documenti d’archivio.
Nella villa centrale, al primo piano, notevole è il salone da ballo e da musica a doppia altezza con balaustrata che ricorda quello maggiore del Palazzo Ducale di Modena. Il committente, probabilmente il canonico Giulio Ignazio Cavazza, che all’epoca rivestiva incarichi alla Corte Estense, forse si è ispirato a quell’esempio in Modena.
Villa Cavazza, dopo la prima parte del restauro durata nove anni, è stata inaugurata nell’ottobre 1998 e nell’occasione ha ospitato una mostra allestita nell’ambito delle celebrazioni del IV centenario di “Modena Capitale dello Stato Estense”. Tale mostra, che è stata predisposta nel fabbricato centrale, oltre a esporre documenti, modelli, quadri e oggetti sul tema della navigazione fluviale, ospitava anche numerose antiche barche da trasporto e da passeggio collocate, per l’occasione, sui prati e sotto i portici all’interno della corte.
La struttura nel suo complesso comprende sale e saloni dotati di adeguati impianti e attrezzature ed è attualmente organizzata per ospitare convegni, ricevimenti privati, cene di gala, mostre ed eventi aziendali e culturali. Nell’ala laterale della Meridiana sono state predisposte diverse sale, una sola delle quali può ospitare fino a seicento persone.