Numero 16 - La tolleranza e l'ospitalità
Enrico Grani
presidente e amministratore delegato della Grani & Partners
L'INTERSETTORIALITÀ È VINCENTE
intervista di Anna Spadafora
Parliamo ai nostri lettori della traversata che avete compiuto dagli anni sessanta a oggi. Ne avete fatta di strada: dal settore alimentare in Estremo Oriente, arrivando fino a oggi in cui La Portile è un gruppo di cui la Grani & Partners è solo un ramo.
La storia è lunga, parte dal 1948, data in cui i miei zii, Lorenzo e Luigi, figli di Giuseppe, che è stato uno dei soci fondatori della CIAM, poi UNIBON, ora Grandi Salumifici Italiani, iniziarono la raccolta dei prodotti della macellazione che servivano per fare gli insaccati. Da lì partirono con una piccola azienda. Negli anni sessanta, mio zio Lorenzo decise di fare un passo che si rivelò fondamentale per il futuro: andare in Cina per comprare sottoprodotti della macellazione, sopra tutto dei maiali, anche perché quella era una delle zone più ricche al mondo. Da qui iniziò la sua impresa. Instaurando rapporti sempre più stretti con i cinesi, arrivò a essere, negli anni settanta, esclusivista di diversi sottoprodotti della macellazione suina. Nacque così la Richeldi, che adesso è una S.P.A. e fa ancora parte del Gruppo delle nostre aziende. Nel frattempo, le sue amicizie con i cinesi lo portarono a intravedere altri aspetti della produzione, sopra tutto l’artigianato locale. Da qui, l’idea di rilevare la Giocoplast, un’azienda che produceva peluches. Nel 1980, mio zio la trasformò in una S.P.A. e iniziò a importare tutti i prodotti di artigianato. A metà degli anni ottanta, questa società si specializzò su prodotti natalizi, diventando un’azienda leader di mercato negli anni 1992-93. La crescita continuò finché, intorno agli anni 1993-94, creammo una divisione promozionale, che fece nascere, accanto alla Giocoplast Natale, la Giocoplast Promotion. Alla fine del 2000, il signor Preziosi ci contattò per rilevare la società. Decidemmo di vendere solo il ramo d’azienda Natale; la Giocoplast Natale prese così un’altra direzione e nell’anno seguente chiamammo la società Grani & Partners, giocando sempre sulle lettere G e P: Giocoplast, Grani & Partners, Giochi Preziosi. Partì dunque la Grani & Partners, che rilevò l’attività della Giocoplast Promotion e insieme andiamo avanti. Grani & Partners, della quale sono amministratore delegato, fattura oltre quaranta milioni di euro su prodotti promozionali e prodotti collezionabili. Ricordiamo poi l’acquisizione della quota di maggioranza della Mitica Food per la produzione di snack salati, cui è legata la realizzazione di uno stabilimento a Melfi. Attraverso le licenze già acquisite da Grani & Partners sui personaggi più amati dai bambini, Mitica Food e il marchio “Salati Preziosi” sono diventati un punto di riferimento nel mercato delle chips con gadget. Nel frattempo, abbiamo creato cinque società immobiliari, di cui siamo soci con il gruppo Ing. Bernardi e Gavioli, con il quale siamo cresciuti tantissimo, fino ad arrivare a costruire circa settecento alloggi, nelle zone limitrofe a Modena e sul lago di Garda. Due anni fa abbiamo rilevato una quota della società Backstage, che opera nel campo del licensing, di cui ora siamo soci al 50% noi e al 50% il dottor Gianpietro Peia. Con i nostri amici della montagna, in primo luogo con il miglior amico di mio fratello Giuliano, Paolo Magnani, abbiamo costituito una società che si chiama Zerolupi, che ha creato una seggiovia, un impianto di risalita con caricamento automatico a sei posti, molto innovativo per il nostro Appennino, e stiamo continuando a indirizzare i nostri investimenti verso quelle aree sia negli impianti di risalita che nel settore immobiliare. Abbiamo rilevato, sempre con il dottor Peia e il signor Barone, che è uno dei principali player del mercato del carbone, la mitica squadra di pallavolo Panini, che da quest’anno si chiama Cimone Volley. L’ultima nata è la società Visual che si occupa di allestimenti, fiere, stand, cartellonistica e attività di strutture per presentazione prodotti aziendali.
Diciamo che nel vostro caso sembra che abbiate seguito il motto di Machiavelli: “Di cosa nasce cosa e il tempo la governa”.
Assolutamente sì. Oppure, come diceva Keynes, ci rendiamo conto che è necessario differenziare i mercati. Questa è una legge impossibile da applicare scientificamente, ma, come dico sempre, deve essere applicata “umoralmente”. Sono cose che l’imprenditore sente e fa con naturalezza, perché è insito nell’imprenditore stesso questo spaziare su diverse attività che, a volte, nascono senza bisogno di mettersi a tavolino e che sono fondamentali, perché comunque i mercati hanno dei cicli, positivi, negativi e di stagnazione. Se la stessa persona si trova ad agire su più mercati, ha più probabilità di riuscire a sopperire quando alcuni hanno delle contrazioni rispetto ad altri.
Nel vostro caso, quindi, il luogo comune, secondo cui chi fa tante cose, in realtà, non riesce a farne bene neanche una, è smentito in pieno.
È smentito dal fatto che noi eravamo quattro fratelli, ora siamo in tre e siamo uno e trino per dirla in maniera un po’ forte , ma siamo tutti e tre insieme e ci sentiamo una persona unica, sebbene siamo tre persone con caratteristiche diverse. La cosa fondamentale è che in tutte le attività, che noi cerchiamo di gestire al meglio, abbiamo degli amici partners che sono indispensabili e senza i quali diventerebbe difficile diversificare così tanto, venendoci a mancare delle persone di fiducia che portano avanti le aziende e cercano di offrire il massimo dell’impegno, della sinergia. Ma è necessario avere le persone giuste nel posto giusto.
La struttura direttiva di un gruppo come il vostro certamente richiede un impegno non indifferente. Allora, di sicuro, delegare è importante, ma fino a che punto e in che senso? Il cervello dell’impresa è delegabile o è necessario che ci sia il cervello per ciascuno dei collaboratori?
Noi siamo umani, il giorno è fatto di ventiquattro ore, quindi bisogna cercare di delegare. Delegare non significa assentarsi dall’azienda, l’azienda va vissuta assieme ai collaboratori che devono avere un punto di riferimento e questo punto di riferimento siamo noi; anche se non ce ne accorgiamo, siamo scrutati giorno per giorno. Sono sempre più dell’idea che, per fare impresa, il cervello dell’impresa deve essere sempre più presente. Questo porta ad avere successo. Potrebbe anche portare insuccessi, ma, per lo meno, si può dire di non essere stati assenti.