Numero 16 - La tolleranza e l'ospitalità
Marcello Masi
presidente dell'Assofermet
SIDERURGIA E GLOBALIZZAZIONE
intervista di Anna Spadafora
Oltre che dell’Assofermet, lei è presidente della MD, della Synapto, della Cisterlaier e della Metalsider, azienda leader nel settore siderurgico, che è poi il settore in cui lei ha iniziato la sua avventura imprenditoriale. Come vede oggi l’avvenire di questo settore in Italia rispetto all’Europa e al resto del mondo?
In questo settore ho iniziato a lavorare giovanissimo, come dipendente di una grande impresa quale era allora la Falk e poi, a soli ventidue anni, mi sono messo in proprio, seguendo un istinto provocato da una disillusione.
Io beneficio del mio essere imprenditore anche per aver lavorato in questo settore. Settore che ha vissuto la “globalizzazione” fin dai primi anni sessanta. A partire da allora, la siderurgia ha sempre interagito a livello globale, e in particolare la siderurgia nazionale ha sempre interagito a livello europeo, sotto l’egida della CECA (Comunità Carbone e Acciaio). Da qui le ragioni delle mie esperienze che mi aiutano ad analizzare e ad affrontare al meglio la tanto conclamata globalizzazione che interessa tutti i prodotti e qualsiasi settore. I prodotti siderurgici da oltre trent’anni vengono trattati dal mercato mondiale alla stregua di una comodity come il carbone e/o il petrolio, quasi a voler ignorare il fatto che per produrre una tonnellata di acciaio occorrono enormi investimenti con costi industriali adeguati. Tutto ciò è il risultato di una mancata politica industriale e di marketing da parte dei produttori che si sono limitati ad accettare e a sottomettersi alle conseguenze del rapporto fra domanda ed offerta, cioè, al dio mercato.
In questo contesto è maturato e va giudicato anche quanto accaduto sul fronte dei prezzi dell’acciaio nell’anno 2004, prezzi che sono aumentati oltre l’80/100%, aumento provocato da una esplosione della domanda da parte dell’area Far East, Cina in particolare, che ha consentito alle acciaierie comunitarie, e non solo, lauti guadagni apparendo ai non addetti ai lavori rappresentanti di virtù immeritate.
Tutto ciò premesso, è sempre valido l’auspicio che questo settore, a forte contenuto industriale con alti costi, arrivi a darsi una politica commerciale coerente anche rispetto al fatto che l’acciaio si conferma un prodotto insostituibile di cui il mondo avrà sempre bisogno per sostenere il proprio sviluppo.
Cosa può dirci degli scenari internazionali? In che modo vede l’Italia e l’Europa specificare un loro business più particolare rispetto a tutto il resto del mondo?
Sono fermamente convinto che il mondo globale non possa fare a meno dell’Europa, dove l’Italia può e deve giocare un ruolo di grande importanza. Al tempo stesso occorre essere consapevoli che la tanto conclamata globalizzazione non può essere affrontata con semplici slogan o peggio giustificando le nostre inefficienze piuttosto che cercarvi rimedi. La globalizzazione non è altro che un allargamento del mercato o, se si vuole, dell’arena dove siamo chiamati a confrontarci con i nostri competitori. Di essa non possiamo certo limitarci a coglierne i benefici rifiutandone le conseguenze. Per favorire ciò, occorre che i Governi europei rinuncino a perseguire il consenso a qualsiasi costo assumendo un comportamento politico coerente con il cambiamento epocale che si sta vivendo, favorendo la diffusione dell’etica della solidarietà.
Che consiglio darebbe a un giovane su come divenire imprenditori oggi?
Preso atto che il quadro di riferimento è così cambiato rispetto agli anni ‘60 quando io iniziai, oggi la Società deve, anche nel proprio interesse, saper creare le condizioni di contesto date le quali un giovane trovi gli stimoli per mettersi in gioco, osando scommettere sulle proprie capacità.
Trovo riduttivo dare consigli sulla scorta delle mie esperienze vissute in quei momenti. Tuttavia, non posso fare a meno di richiamare le mie convinzioni, che considero sempre attuali, e di dire: “Caro giovane, datti da fare, fai l’impossibile per continuare a credere in te stesso, nonostante tutto, cosciente e responsabile che tutto non dipende sempre e solo dagli altri, che tutto non è sempre solo riconducibile alla fatalità, fai l’impossibile per alimentare le tue ambizioni, le tue speranze e per avere sempre grande coraggio nell’intraprendere qualsiasi progetto è una impresa anche quella di dare un contributo al cambiamento della tua società”.
Questi a mio parere sono gli ingredienti che in parte hanno assistito gli imprenditori di qualsiasi periodo e che oggi, oltre che sempre attuali, sono indispensabili.