Numero 18 - Il cervello dell'impresa
Anna Spadafora
cifrematico, direttore dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna
IL VIAGGIO DELL'IMPRESA
Gli interventi dei relatori e degli imprenditori di questo forum danno testimonianza del cervello della trasformazione, che ignora l’abitudine e trae alla novità. Ciascuno è convocato a questo appuntamento per un interesse prettamente intellettuale e la curiosità intellettuale è la base per l’instaurazione del cervello. Il cervello, infatti, non è naturale e non s’instaura una volta per tutte, ma si nutre della curiosità intellettuale.
E ciascuno è intervenuto anche per via di un’inquietudine. Non tutto va e tutto funziona, ma qualcosa non va e qualcosa non funziona. Da qui la domanda, che è sempre domanda di qualità, mai domanda che fondi la risposta.
Inoltre, c’è chi è stato convocato per dare testimonianza di dispositivi in cui avvengono cose straordinarie ciascun giorno: in ciascun caso in cui il cervello dell’impresa è in atto, abbiamo constatato che non c’è un sistema o una ricetta per il successo, ma s’instaurano dispositivi commerciali, finanziari, di direzione e di comunicazione.
Che cosa vuol dire fare brainworking nell’impresa oggi? Instaurare dispositivi che vanno in direzione della qualità, dispositivi che puntano alla riuscita. E, nel corso di questo forum, abbiamo tentato d’intendere quali siano questi dispositivi (e come sono differenti dai sistemi) e tentiamo di reperire gli strumenti per la valorizzazione delle imprese, dei loro prodotti e dei loro marchi.
Pensiamo forse che il dispositivo sia un sistema in cui il cervello funzioni alla perfezione? Ma il dispositivo è il cervello stesso, per questo è dispositivo intellettuale. Ci si chiede se l’Europa debba divenire il cervello del pianeta, per lasciare il manifatturiero ai paesi dell’Est. La separazione fra il manuale e l’intellettuale viene meno perché la vita è intellettuale; e così il viaggio, l’impresa, il business, la finanza, il capitale sono intellettuali.
Che cosa sarebbe la vita senza intellettualità? Una vita senza memoria, una vita che si barcamena fra la lite, il conflitto, la competizione e la concorrenza. Una vita basata su un’idea di sé o dell’Altro che sbarra la strada a quel progetto e a quel programma con cui la ricerca e l’impresa si scrivono giungendo alla riuscita.
A noi, oggi, spetta il compito di dissipare le certezze soggettive e le abitudini che impediscono il salto di qualità in ciascun ambito della vita. E, allora, ci chiediamo quali sono la cultura e l’arte dell’impresa. Quali sono i dispositivi da instaurare nell’azienda e con i consulenti. Qual è il processo di valorizzazione. Come valutare ciascun asse del business. Quale contributo dà ciascuna impresa alla costituzione della città e della stessa civiltà.
Nessun contributo può essere dato innalzando muri e steccati, a partire dalla credenza nel pericolo dell’Altro e della differenza. Le cose procedono dall’apertura intellettuale, per integrazione, e si rivolgono alla cifra. I dispositivi intellettuali della parola sono i dispositivi di questa rivoluzione in direzione della cifra: dispositivi commerciali, dispositivi amministrativi, dispositivi finanziari, dispositivi di vendita, dispositivi di comunicazione, dispositivi di valore.
Fare brainworking, quindi, non vuol dire trovare il sistema per raggiungere i risultati chiudendo positivamente la battaglia. La battaglia è ineludibile, perché è sempre battaglia intellettuale e il brainworking è l’intellettualità stessa. In ciascuna impresa la riuscita dipende dai dispositivi di parola che s’instaurano, perché la difficoltà è sempre difficoltà di parola. Per questo il contributo che il progetto e il programma del secondo rinascimento possono dare al brainworking e, quindi, all’impresa di ciascuno, è ciascuna volta da inventare.
Parlare non è facile e gli effetti della parola sono incalcolabili e impensabili. Eppure, senza la parola, nessun dispositivo di riuscita, ma il fantasma di padronanza, la soggettività. Così l’imprenditore è preso fra gli alti e i bassi, l’euforia e la disforia. Prima o poi soccombe alla paura, prima o poi cerca la salvezza propria o della propria azienda, tutto con l’algebra o con la geometria, senza l’aritmetica. Ma il dispositivo (non a caso dispositio è la traduzione in latino del greco rythmos) è aritmetico, dispositivo in cui le cose si fanno secondo l’occorrenza, non per una finalità salvifica che mira a tagliare corto e grosso, a togliere la difficoltà della parola. E quando diciamo difficoltà della parola non intendiamo quella rappresentata da chi dice che non trova le parole per dire le cose. Anzi, spesso, proprio chi dice che le parole gli vengono spontanee magari è costretto a confrontarsi con i suoi effetti imprevisti, salvo poi prendersela con Tizio o con Caio, “che non ascoltano o non capiscono”.
Il meno che si possa dire, quindi, è che il brainworking non è un nuovo psicofarmaco che possa salvare dalla difficoltà della parola, dalla battaglia, ma il viaggio stesso della vita, come ricerca e come impresa, pertanto, non delegabile né padroneggiabile. Come la vita, è da reinventare ciascun giorno.