La Città del Secondo Rinascimento

Numero 27 - Questioni di salute

Francesco Cazzella
odontoiatra, reesponsabile del Servizio di Odontoiatria per disabili dell'AUSL di Modena

NUOVE FRONTIERE DELL'ODONTOIATRIA

Oltre alla pratica odontoiatrica, che prosegue da vent’anni a Modena, lei ha insegnato presso la Clinica Odontoiatrica dell’Università di Modena e Reggio Emilia e nella Scuola di Specializzazione in Gerontologia e attualmente è responsabile per l’AUSL di Modena dell’odontoiatria dedicata ai pazienti vulnerabili e disabili. Quali sono le novità degli ultimi anni?

Sicuramente l’allungamento della vita media e il mantenimento di dentatura naturale nel paziente anziano hanno richiesto nuove tecniche di ripristino morfofunzionale di elementi dentari che una volta venivano estratti e sostituiti con troppa facilità. Grandi vantaggi in questo campo, quindi, hanno conosciuto l’implantologia e l’implantoprotesi, con il confezionamento di dispositivi sempre più perfezionati, sia in termini di biocompatibilità sia di disegno anatomico.

L’informatica oggi consente di simulare il percorso terapeutico e di raccogliere così il consenso del paziente ancora più informato. Le apparecchiature di ultima generazione si avvalgono di sistemi di lettura CAM e CAD-CAM che danno un margine di precisione dei manufatti protesici estremamente elevato, con conseguente riduzione delle spine irritative parodontali e sensazione di avere acquisito la dentatura naturale.

Un’ultima frontiera che rivoluzionerà ulteriormente la nostra pratica nei prossimi anni appartiene alle ricerche che utilizzano le cellule staminali. Ci sono già soddisfacenti risultati in vitro e deve prendere corso la sperimentazione in vivo per poter dare la possibilità al paziente, utilizzando queste cellule, di avere una terza dentizione, la rigenerazione di elementi naturali in sostituzione delle protesi.

Lei ritiene che i metalli utilizzati in odontoiatria causino danni alla salute?

A questo proposito, ho ricevuto incarico dal Direttore dell’Unità Operativa alla quale appartengo,  Pietro Di Michele, di costituire un gruppo di ricerca in merito alle malattie croniche che possono essere determinate dalla presenza di materiali incompatibili con l’organismo. Fra questi, al primo posto c’è l’amalgama d’argento, vecchio materiale utilizzato in terapia conservativa, ma anche metalli e leghe utilizzati per le protesi fisse. Esistono molti studi e correnti filosofiche profondamente discordanti in merito alla tossicità dell’amalgama d’argento. Vero è che contiene numerose particelle metalliche e, in un ambiente salino e umido come il cavo orale, può dar luogo all’instaurarsi di microcorrenti galvaniche che possono rappresentare un microstimolo irritativo per le mucose e i tessuti molli del paziente ed esporlo al rischio o di tatuaggio, cioè di deposito di particelle metalliche nella mucosa orale, o di leucoplatie, ossia di lesioni che vengono considerate addirittura precancerose. L’utilizzo dell’amalgama d’argento era legittimato fino a circa dieci anni fa, quando in alternativa, nei settori posteriori, cioè dove il materiale viene sollecitato con carichi masticatori maggiori, poteva essere richiesta una performance particolarmente soddisfacente sotto il profilo meccanico e di robustezza. In realtà, già da dieci anni, l’utilizzo di materiali compositi, microriempiti con micro e nano particelle, estremamente lucidabili, e della tecnica di total-etching o self-etching, ossia di condizionamento dei tessuti coronali del dente, tali da consentire un legame adesivo vero e proprio fra il dente e il materiale restaurativo, ha fatto cadere completamente l’indicazione di utilizzo dell’amalgama d’argento.