La Città del Secondo Rinascimento

Numero 21 - La modernità

Leonardo Giacobazzi
ambasciatore del Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena

UN SIMBOLO PER LA CULTURA E LA MEMORIA

Per illustrare il modo in cui, nel caso dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, un marchio può contribuire alla vendita e alla valorizzazione di un prodotto in tutto il mondo, partirò dalla nota favola Il gatto con gli stivali. Tutti ricorderanno con quale astuzia il famoso gatto riuscì a conquistare onore e gloria al suo padrone – ultimo di tre fratelli, che aveva ricevuto in eredità dal padre soltanto quel gatto, appunto –, fino a farlo diventare ben presto marchese: “Ahimé, ahimé, hanno picchiato e derubato il mio padrone, il marchese di Carabà. Aiutatelo!”, gridava il gatto con gli stivali, andando di paese in paese e di città in città. E ogni volta il suo padrone veniva ricompensato della finta perdita, fino ad accumulare così un discreto patrimonio, degno del titolo che egli portava e che ormai nessuno avrebbe messo in discussione. Quindi, cosa faceva il gatto con gli stivali? Creava un mito che dava valore al marchio – il nome del marchese di Carabà –, che è stato poi anche la sua fortuna. E cosa fanno le agenzie pubblicitarie delle grandi multinazionali nell’era della globalizzazione? Promuovono marchi che impongono sul mercato prodotti più o meno validi, basandosi spesso su millantati benefici, improbabili background storici o artefatte gratificazioni come pace, salute e tranquillità per il consumatore. Niente da obiettare se questo fosse il risultato del diritto di ciascuna azienda a pubblicizzare i propri prodotti nel migliore dei modi e se tale diritto fosse concesso a tutti. Ma questi marchi, forti di una grande organizzazione economica e di ingenti risorse per la pubblicità, tendono a soffocare realtà come la nostra, fatte di piccoli produttori, che offrono una grande varietà di ottimi prodotti tipici, frutto di una storia e di una tradizione assolutamente degne di memoria, ma anche di ottenere il meritato successo sul mercato. Ma, allora, dobbiamo pensare che in futuro si andrà sempre in questa direzione e non ci sarà nessuno spazio per i nostri prodotti e le nostre tipicità? Non penso, anche perché la memoria non può essere cancellata e i valori che ci sono stati trasmessi insieme ai prodotti non possono andare perduti. Però, dobbiamo lavorare in modo determinato e soprattutto professionale, sfruttando il vantaggio di avere già un marchio, che, nel caso dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, non è solo il marchio del Consorzio: la bottiglietta che contiene il prodotto è essa stessa un marchio, simbolo non soltanto del contenuto, ma anche della nostra città, della sua cultura e di tutti i valori che sono sempre stati tipici dei modenesi.

Quindi, noi abbiamo un grande vantaggio: non avremo la grande forza economica che ci servirebbe per affermare fortemente sui mercati internazionali i nostri marchi e le nostre tipicità, ma abbiamo il mito, un mito basato sulla storia e sulla memoria, non come quello del gatto con gli stivali, creato di punto in bianco. Il nostro lavoro deve allora essere indirizzato sempre più alla valorizzazione del marchio e del mito che c’è alla base. È un grande asso nella manica, ma dobbiamo individuare il livello di mercato da raggiungere e lavorare con determinazione, magari riunendo tutti i consorzi di riferimento delle tipicità locali, dall’Aceto Balsamico al Parmigiano Reggiano al Lambrusco, perché, di volta in volta, ciascun prodotto possa trainare l’altro.

Unione e determinazione fanno parte dell’insegnamento della Camera di Commercio di Modena che, da diversi anni, in particolare con il presidente Alberto Mantovani, ha cercato di dare visibilità a tutte quelle tipicità cosiddette povere, ma che non lo sono affatto, fino a giungere di recente alla creazione dei marchi Motor Valley e Tradizione e Sapori di Modena. E sono anche nell’insegnamento e nell’intendimento della Consorteria che, con il Gran Maestro Vincenzo Saccani, in tanti anni, è riuscita a ridare fierezza e dignità a produzioni che nel dopoguerra praticamente le stavano perdendo, insieme alla tradizione da cui erano nate. Il filo conduttore di tutte le strategie promozionali del Consorzio, quindi, dev’essere proprio questo: dobbiamo mettere in rilievo che abbiamo un prodotto unico, che c’invidiano in tutto il mondo, e dobbiamo anche sapere qual è il nostro mercato, quali sono i clienti che dobbiamo raggiungere.

Quest’anno il Tradizionale, per la prima volta dal 1860 – quando si era presentato come primo attore alle grandi esibizioni internazionali di Parigi, Melbourne e Roma –, dopo anni in cui si presentava alle fiere come gregario degli altri prodotti, per la prima volta ha partecipato a una manifestazione internazionale molto importante, l’Alimentaria 2006, a Barcellona, con un proprio stand, i propri prodotti e tutte le promozioni studiate e realizzate fino a quel momento.

La strategia per l’affermazione del prodotto sul mercato dev’essere proprio questa: fare la promozione, raccontare che cos’è, fare assaggiare e fare notare le grandi differenze fra i diversi prodotti. Possiamo immaginare con quale soddisfazione l’anno scorso alla cena degli Oscar di Los Angeles, Elton John rimaneva sorpreso della bontà del nostro prodotto, lui e i suoi cinquecento ospiti della cena di beneficenza, che si passavano le bottigliette che avevo portato per conto del Consorzio. Tanto per fare un esempio di promozione internazionale.

Allora, per fare arrivare il nostro messaggio sul mercato al giusto target, dobbiamo procedere come il gatto con gli stivali, non stancarci di raccontare e di evocare tutti gli aspetti tipici della nostra tradizione, perché piacciono moltissimo ai nostri potenziali clienti.

Per questo siamo grati a Ferdinando Cionti che, nel suo libro Sì, logo, pone l’attenzione sul lavoro che dev’essere fatto per portare nel mondo queste realtà che sono la nostra vita, la nostra città e la nostra tipicità.