Numero 21 - La modernità
Eugenij Kiselëv
giornalista, direttore generale dell'emittente televisiva privata russa NTV
QUALE RUSSIA PER L'EUROPA
Intervista di Sergio Dalla Val
Nel suo intervento al Festival della modernità (22-25 giugno 2006, Villa San Carlo Borromeo, Milano Senago), lei diceva che l’Occidente non capisce che l’attuale politica russa può essere pericolosa…
Il regime che sta governando in Russia è una vera minaccia per l’Europa e la sua civiltà. Non esito a paragonarlo al regime di Stalin, che per molti anni è stato pericoloso per l’intero Occidente. Hanno, infatti, qualcosa in comune.
Questo regime sta cercando di utilizzare l’ideologia imperialista, seppur privo di richiami al comunismo, per creare un’egemonia russa. Spesso dimentichiamo che la Russia ha ancora un potere militare notevole, seppur diminuito dai tempi della guerra fredda, possiede missili, armi nucleari, chimiche e batteriologiche. Ma ciò che è veramente pericoloso è la presenza di molte “teste calde”, che pensano seriamente alla necessità della guerra con l’Europa occidentale. Non necessariamente lo scontro dovrà essere militare, ma abbiamo già avuto episodi che possono far pensare a una guerra per l’energia. All’inizio di quest’anno, infatti, la Russia, per pure ragioni politiche, ha fatto pressione sull’indipendente Ucraina, il cui governo sta lavorando senza l’approvazione del Cremlino, e ha tagliato la fornitura di gas. In questo modo, anche i paesi europei che importano il gas dall’est ne hanno ricevuto in minor quantità. Questo perché i tubi che partono dalla Russia verso l’Europa attraversano e approvvigionano anche il territorio ucraino e, diminuendone all’interno la pressione, si riduce l’erogazione del gas lungo tutto il percorso. Molti stati europei ricevono considerevoli quantità di gas dalla Russia, specialmente la Germania ne è quasi dipendente. Dal momento in cui questi stati cominciarono a ricevere meno gas, seppur la colpa fosse della Russia, tolsero sostegno all’Ucraina e al suo governo e certamente divennero meno favorevoli all’idea che l’Ucraina entrasse nell’Unione Europea. Mosca non approva che l’Ucraina, che era parte dell’Unione Sovietica, entri nel contesto occidentale. Per questo motivo tenta d’imporre il proprio controllo e di mettere in cattiva luce il governo di Kiev. Se questo riesce con l’Ucraina, presto lo faranno anche con la Polonia e altri stati europei.
Nel 1956, in un modo molto simile, l’Unione Sovietica intervenne militarmente in Ungheria e nel 1968 in Cecoslovacchia. Trovando gusto nella conquista militare, nel 1969 estese il suo controllo all’Afghanistan, paese che non era mai stato parte del territorio sovietico. Impose, poi, la sua influenza in Angola e Mozambico e supportò tutti i regimi nel mondo che s’ispirano al comunismo russo. Questo tipo di politica egemonica potrà essere presto perseguita dall’attuale governo.
Gli europei oggi vivono in un mondo accogliente, la situazione può essere paragonata agli anni trenta, quando nessuno aveva previsto lo scoppio di un altro conflitto mondiale e lo stesso Hitler era considerato niente più che uno strano personaggio, non era visto come un potenziale pericolo. Anzi, conquistò il potere con regolari elezioni e la sua posizione venne confermata dal presidente della Germania.
È auspicabile per i paesi dell’Unione Europea che la Russia diventi membro?
Penso che l’entrata in Europa della Russia sia a lungo termine nell’interesse dell’Europa, ma è assolutamente necessario porre delle condizioni.
Nel 1917, nel momento cruciale della rivoluzione bolscevica, l’Europa perse la Russia per diversi motivi. Se la Germania non avesse convinto i comunisti a firmare la pace per avvantaggiarsi della vittoria della prima guerra mondiale, non avrebbe consentito ai bolscevichi di consolidare il loro potere. Se invece Germania e Francia avessero aiutato di più l’Armata Bianca che stava contrapponendosi all’Armata Rossa, non avremmo conosciuto il regime comunista, durato per settant’anni fino al crollo del muro di Berlino nel 1989.
La Russia è stata persa molte altre volte. Nel 1947, alcuni intellettuali europei, per la civilizzazione dell’Europa, si appellarono all’esempio dell’Unione Sovietica, di Stalin e del comunismo in materia di giustizia, libertà e democrazia, che in realtà in Russia non esistevano. Nel 1956 l’Ungheria si ribellò a Mosca e si scontrò, da sola, con la forza militare russa. Lo stesso accadde nel 1968 in Cecoslovacchia.
Negli ultimi anni settanta, poi, con la crescita esponenziale del prezzo del petrolio, l’Unione Sovietica poté contare su entrate di miliardi di dollari da investire nella sua politica aggressiva. Senza la successiva ricaduta del prezzo dell’oro nero, probabilmente, il mondo degli anni novanta sarebbe stato diverso. Sono episodi che, con altri esiti, avrebbero potuto cambiare il corso della storia. Ora che il prezzo è nuovamente risalito, l’imperialismo russo è alla ribalta.
Se l’Occidente vuole la Russia, occorre porre precise condizioni. Innanzitutto, è importante la riforma per le libertà democratiche fondamentali e sono necessarie garanzie per la fine della repressione politica. In ciascun paese, la democrazia si regge su elezioni libere e democratiche, con differenti partiti che hanno libero accesso ai fondi di finanziamento, corti di giustizia indipendenti e mass media non controllati. In Russia non esiste niente di tutto ciò. Sono convinto che l’Europa stessa si sentirebbe più al sicuro se la Russia entrasse a farne parte, ma queste condizioni devono essere rispettate.
Qual è la situazione dell’opposizione liberale?
L’opposizione liberale in Russia è in una pessima situazione. Le è stata impedita ogni fonte di finanziamento. Il governo ha dichiarato guerra contro i ricchi investitori privati dell’est che sostengono l’opposizione liberale, alcuni sono stati costretti a lasciare il paese e altri messi in prigione. Inoltre, il partito liberale è tagliato fuori dai principali canali d’informazione che sono controllati dal Cremlino, il quale non permette che siano pronunciate in televisione critiche al governo. Per riuscire in questo intento, attualmente, il governo sta comprando tutti i canali d’informazione, i quotidiani e i giornali più influenti. In poche parole, esistono pochissimi media accessibili all’opposizione.
Il governo e le compagnie di sua proprietà dall’esportazione del petrolio guadagnano enormi somme di denaro, che utilizzano in parte per cercare di risolvere problemi sociali. Attualmente, a eccezione di qualche emirato sul Golfo Persico che ha tanto petrolio e una popolazione molto ridotta, nessun paese al mondo ha cercato di risolvere problemi sociali con la ricchezza derivante dal petrolio. Prima o poi, questi problemi sociali e il pubblico malcontento verranno a galla. Al momento, però, l’opposizione liberale non incontra il dovuto sostegno della popolazione, che si accontenta di ciò che possiede oggi senza aspettative per il futuro.
I leader politici dei paesi democratici occidentali, passato il periodo elettorale, smettono di pensare al consenso e cercano di cooperare con le elite del paese per la crescita del paese. In Russia questo non avviene, il periodo elettorale dura da sei anni, dall’elezione di Putin nel 2000. Il governo si accontenta degli enormi guadagni provenienti dall’esportazione del petrolio, non gli pare necessario collaborare con le elite e quindi continua con la stessa politica populista che tutti i paesi attuano sotto le elezioni. Putin e il suo governo sono interessati a tre aspetti: al potere, che viene consolidato dal consenso popolare, al denaro, che deriva dall’esportazione del petrolio, e al controllo totale dei mass media, non certo all’opposizione.
Per quasi cinquant'anni Stalin ha ingoiato quella parte dell’Europa che stava al di là della cortina di ferro. Oggi, una nuova minaccia arriva da questa banda di San Pietroburgo che mira solo ad arricchirsi e a prendere il potere, e non vede l’ora di mettere le mani sul vecchio continente.