Numero 21 - La modernità
Paolo Moscatti
amministratore delegato di Tec-Eurolab
COME I DISPOSITIVI GENERANO VALORE
Intervista di Anna Spadafora
In Tec-Eurolab quali sono gli esempi di valore che vanno oltre l’aspetto economico finanziario?
Dire che sono le persone è scontato; capire come questo valore si evidenzia all’esterno dell’impresa è tutt’altro che semplice. Di recente, abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con altre imprese del nostro settore, si parla sempre di piccole imprese, con circa cinquanta collaboratori cercando di formularne una valorizzazione sulla base dei dati di bilancio. Finché ci si ferma ai dati di bilancio esistono metodi e modelli per eseguire una valutazione; ciò che, invece, da un bilancio non si riesce a percepire è il know how, rappresentato non tanto da ciò che le imprese, centri tecnologici nel nostro caso, sanno fare perché, ormai, qualunque prodotto e servizio offerti al mercato devono essere accreditati e certificati quanto da una competenza più diffusa, quella dell’organizzazione interna, della vita nell’impresa, dei contributi che ciascuno dà alla crescita dell’impresa stessa. Questo non si riesce a percepire, tant’è che, a parità di valutazione economica, due imprese che riportano in bilancio gli stessi risultati possono avere un’organizzazione completamente differente. Una può essere stata governata con metodi fortemente direttivi, senza collaborazione tra i reparti, e necessita, quindi, di un processo di riorganizzazione che impiegherà due o tre anni prima di raggiungere dei risultati. L’altra, invece, può essere un’impresa che funziona senza l’intervento diretto in tutte le attività da parte dell’imprenditore, che invece si limita a controllare, suggerire, ascoltare. Sono due situazioni completamente differenti, delle quali un singolo bilancio non rende merito. È difficilissimo ottenere una valutazione di questo tipo, il valore espresso da un’efficiente organizzazione interna è intangibile, ma è ciò che fa accrescere il valore complessivo dell’impresa. Un valore che non è quindi espresso da un singolo bilancio economico e non è nemmeno un know how del saper fare, ma è un know how del saper vivere, saper comunicare, saper condividere il progetto e il programma dell’impresa.
Quindi, possiamo dire che il cervello dell’impresa è in questi dispositivi e non nella testa dell’imprenditore?
In effetti, questi dispositivi generano valore autonomamente. La condivisione, da parte dei collaboratori, di progetti e obiettivi che corrispondono agli obiettivi dell’impresa genera valore, inteso come miglioramento tecnico e desiderio di mettere il know how a disposizione del mercato, del cliente, dell’impresa, miglioramento del rapporto con i colleghi, evitando la dispersione di risorse, e aumento della produttività.
Poi, occorre capire che, soprattutto nelle piccole imprese, quelle meno strutturate e dove è più raro assistere ad investimenti in formazione alla vita d’impresa, la percezione del “valore” varia sensibilmente da persona a persona in funzione delle rispettive esperienze culturali e, molto spesso, in ragione della stessa zona di origine geografica. Ne deriva che attivare quei dispositivi di cui parlavamo non è per nulla semplice, occorre “assemblare” una squadra di persone con le quali condividere innanzitutto dei valori di fondo, poi degli obiettivi e, solo in ultimo, dei metodi di lavoro, dei programmi che permettano il raggiungimento degli obiettivi.
Nel momento in cui si riesce ad attuare, nella pratica, una simile visione anche la diversità di formazione tecnica, di estrazione sociale, di paese d’origine si trasformano in opportunità, occasioni di miglioramento per il singolo e per l’impresa; aumenta il valore complessivo intangibile dell’impresa, si realizza un’impresa nella quale è più facile lavorare ed esprimere il meglio di sé.
Avviene in Tec-Eurolab un processo di educazione e in che modo si giunge ad affrontare i problemi dell’autorità e della responsabilità, che invece un tempo si affrontavano nella famiglia e nella scuola?
Si riscontra una grande inadeguatezza nei giovani al loro ingresso nell’impresa, per questo vanno aiutati ed educati nel senso pieno del termine; occorre insegnare loro a vivere in mezzo agli altri, ad acquisire valori, a vedere il proprio lavoro all’interno del lavoro di gruppo e a sostenere una responsabilità anche verso gli altri. I ragazzi entrano in azienda credendo di ritrovare le stesse cose, gli stessi ritmi dell’università, ma quella dell’azienda è una vita del tutto differente. Per questo credo che l’impresa crei un valore che va al di fuori dell’impresa stessa, fa maturare le persone, rendendo un buon servizio alla società e al territorio. Una città, una comunità dovrebbe vedere in modo diverso l’opportunità di avere sul proprio territorio centri di eccellenza come quelli del nostro settore, perché i centri di eccellenza formano le persone, sono un richiamo e creano una cultura, che va a vantaggio dell’intera comunità.
Quando vengono a trovarvi clienti da varie città d’Italia o di altri paesi s’instaura uno scambio che contribuisce alla valorizzazione della città?
Riceviamo spesso visite da clienti o ispettori, per cui è importante che l’impresa si presenti nel migliore dei modi: da una parte, perché vogliamo essere vincenti nel confronto inevitabile con altre aziende e, dall’altra, perché il richiamo sul territorio di un certo tipo di persone, come ad esempio gli ispettori della Boeing o dell’Alenia Aeronautica, o della General Electric, porta benefici al territorio, sebbene molto indiretti e difficili da quantificare. Indubbiamente, le aziende sul territorio producono questo effetto, o forse hanno questo compito, di richiamare persone. Non sempre questo effetto è sfruttato in pieno; penso che gli amministratori locali dovrebbero cercare una maggiore interazione con le imprese, per lo sviluppo e la valorizzazione del territorio.