Numero 22 - La cura del tempo
Stefano Caselli
presidente di Bloodline S.p.A. (Medolla)
LA QUALITÀ NON TEME CONCORRENZA
intervista di Margherita Ferrari
La Bloodline è una delle aziende di maggior sviluppo nell’ambito biomedicale. Quali sono i vostri prodotti nello specifico?
Una delle principali linee di nostri prodotti è costituita dalle sacche infusionali, in particolare quelle destinate a dialisi, emodialisi e dialisi peritoneale. Da un paio d’anni, siamo presenti anche sul mercato delle sacche saline e cinque anni fa abbiamo deciso d’intraprendere un’altra strada: abbiamo ideato un prodotto sterile che collochiamo direttamente negli ospedali, in modo da far conoscere il nostro marchio anche in quell’ambito. Infine, di recente, abbiamo investito nel campo della biopsia.
L’azienda è suddivisa in reparti e a fine agosto si è trasferita in una struttura nuova, un capannone di circa seimila metri quadrati, tremila dei quali destinati alla produzione e il resto al servizio. Lavoriamo a turni per cinque giorni a settimana, giorno e notte, anche se questo crea qualche problema sindacale. Stiamo cercando di decentrare alcuni settori produttivi all’estero: in Romania, per esempio, c’è una piccola sala bianca dove vengono assemblati manualmente prodotti nostri e per conto terzi.
Probabilmente, allo scopo di essere presenti direttamente in Brasile, nascerà uno stabilimento in Sud America, dove il mercato è sempre crescente.
Com’è la situazione del mercato estero e nazionale, anche alla luce della globalizzazione?
Il mercato nazionale è quello che presenta una concorrenza maggiore a livello mondiale. Inoltre, la nostra azienda lavora pochissimo in Italia, dove i prezzi di mercato nel nostro settore sono i più bassi in assoluto. Tuttavia, per la produzione inerente alla dialisi e alle sacche, abbiamo anche clienti locali, dato che le industrie farmaceutiche che serviamo, seppure di stampo multinazionale, hanno grossi stabilimenti in Italia. Il mercato italiano inerente alla biopsia, invece, è poco rilevante, in quanto il novanta per cento è situato all’estero e comprende l’America, il mercato russo in crescita rilevante , l’Europa, l’area cinese e, più in generale, ogni stato dove esportiamo i nostri prodotti. Non siamo ancora presenti in Nord America, perché la nostra azienda non ha ancora acquisito le certificazioni necessarie, ma lo farà presumibilmente l’anno prossimo.
La globalizzazione, invece, non è avvertita in tutti i reparti. Anche se il mercato delle sacche risente della concorrenza cinese, la qualità fornita da quest’ultima è ancora molto scarsa: le industrie farmaceutiche non sono ancora interessate a un prodotto cinese, sebbene costi il settanta per cento in meno, perché la differenza di costo è controbilanciata da alti rischi.
La biopsia, invece, è ancora un mercato di nicchia, perciò non risente ancora della concorrenza cinese o indiana.
Inoltre, in questo mercato, la concorrenza cinese è in condizioni simili alle nostre, perché per avere una qualità accettabile occorre acquistare materie prime plastiche prodotte perlopiù in Europa e dal costo sempre più alto.
Nel lungo periodo, comunque, in Italia non si prospetta un futuro roseo per aziende del nostro settore per quanto riguarda dialisi e produzione di sacche perché le aziende della concorrenza stanno perfezionandosi e tra qualche anno la loro qualità sarà quasi uguale alla nostra, con il vantaggio di un prezzo sostanzialmente inferiore.
C’è qualcosa che avete pensato di fare per anticipare le possibili conseguenze di questa situazione?
Investire nella ricerca, in tecnologie e prodotti nuovi, per provare a invertire questo trend, da soli e insieme all’Università di Modena.
Ci sono ostacoli che frenano la vostra crescita?
No. La nostra crescita è legata all’investimento, soprattutto nella ricerca e nelle nuove tecnologie, quindi l’ostacolo è la gestione di somme rilevanti in questa direzione per una crescita complessiva. Il nostro fatturato è passato in pochissimo tempo da tre a tredici milioni di euro, perciò è stato difficile gestire una crescita così esponenziale. Tuttavia, è arrivato il momento di ripartire, oltre che di continuare a crescere e di consolidare.
Qual è la direzione verso cui vi state orientando e quali sono le condizioni indispensabili per svilupparla?
Ci stiamo orientando sempre più verso la ricerca in tecnologia, investimenti e materiali, attività che sarebbe avvantaggiata da finanziamenti da parte delle istituzioni. La nostra azienda ha partecipato a un bando di gara con un prodotto rivoluzionario per ottenere finanziamenti a condizioni agevolate, tuttavia, le richieste erano numerose e la possibilità di accedere a questo tipo d’incentivo molto scarsa. Ciò rende difficile fare ricerca, che invece ritengo fondamentale per l’avvenire del nostro paese. La produzione sta infatti spostandosi inesorabilmente verso est e l’unico modo d’invertire il trend è inventare nuovi prodotti e processi, diventare tecnologicamente più avanzati e proteggere aziende e prodotti locali.
Il comprensorio di Mirandola era considerato una delle capitali europee dei prodotti biomedicali, ma oggi sono presenti solo pochissime aziende di stampo multinazionale, mentre molte altre si sono trasferite, mantenendo qui soltanto l’ufficio commerciale.
Allora, lei ritiene che ci sia ancora molto da fare per il rilancio del settore biomedicale?
Assolutamente, sì. Tuttavia, sempre più la soluzione è continuare a investire nella ricerca e, probabilmente, delocalizzare, come sta facendo la maggior parte delle aziende.