Numero 24 - Il valore dell'impresa
Emilio Fontela
Economista (Università di Madrid) già direttore del Dipartimento di Economia dell'istituto Battelle di Ginevra
LA POESIA DELL'IMPRESA
Fare impresa è un’arte più che una scienza. Gli autori dell’economia classica, Marx compreso, intendevano per impresa l’attività che deteneva il capitale, ossia la finanza: gli imprenditori erano i capitalisti. A poco a poco, con la scuola neoclassica, l’economia introduce una figura d’imprenditore come gestore che applica la tecnologia alla produzione. Poi, in seguito alle teorie di esperti di scienze sociali e di psicologi, non più di economisti, emerge un’altra idea d’imprenditore come innovatore, che ha quella che ho chiamato la funzione di leadership, non tanto nel senso comune di comando, ma nel senso d’impulso alla trasformazione.
Queste tre grandi funzioni dell’impresa il capitale finanziario, la gestione tecnica e la capacità d’innovare oggi sono inscindibili. Eppure, nel corso degli anni, la dimensione delle imprese aumenta sempre più e queste tre funzioni si diversificano, creando un gruppo di persone che si occupa del finanziamento all’impresa, un altro della sua gestione e un altro della leadership.
Ma che cos’è l’impresa per l’economia? Un’attività in cui si sviluppa un processo di accumulazione, o meglio di acquisizione. Non si limita a fare qualcosa, ma continua a farlo, producendo necessariamente acquisizioni. E quali sono gli oggetti di queste acquisizioni? Da un lato, i beni fisici, gli stock, i macchinari, i capannoni, i mezzi di trasporto e, dall’altro, i beni intangibili.
Nelle economie occidentali, il bilancio del processo di acquisizione propende verso i beni intangibili: l’impresa che ha più successo è quella che acquisisce un numero maggiore di beni intangibili rispetto a quello dei beni tangibili. Questo perché, con la globalizzazione, le attività che necessitano dell’acquisizione di beni tangibili stanno spostandosi via via verso i paesi emergenti.
Ci sono due tipi di beni intangibili: quelli interni, che traggono il loro valore da ciò che avviene nell’impresa stessa, e quelli il cui valore proviene dall’esterno, cioè dalle relazioni che s’instaurano tra l’impresa e la società. I beni della prima categoria sono quelli che giungono a costituire il valore intellettuale dell’impresa: tra questi ricordiamo l’esperienza acquisita e il senso di partecipazione dei suoi membri. Ma che cosa si può fare per aumentare il valore dei beni intangibili interni? Innanzitutto, occorre organizzare incontri di formazione, dibattiti, convegni, forum come questo, per migliorare l’esperienza, la conoscenza, la partecipazione, la coesione e la cultura dell’impresa. In secondo luogo, occorre puntare alla ricerca e allo sviluppo di prodotti e processi innovativi. È interessante notare come i ricercatori abbiano tutte le caratteristiche che oggi occorrono nell’impresa: dovendo cercare le novità, lavorare in equipe e essere sempre creativi nella soluzione dei problemi, sono davvero un grande contributo all’intangibile interno. Apro una parentesi per dire che, da una ricerca condotta per la Commissione Europea sui rapporti tra educazione superiore e ricerca, è emerso che le imprese che sostengono di avere bisogno di persone con un’educazione superiore e grandi competenze tecniche, in realtà richiedono ai nuovi assunti di essere ricercatori: non supertecnici, ma persone capaci di comprendere la supertecnica, persone dotate di spirito di ricerca. Quanto all’organizzazione, basti dire che è fondamentale la coesione e la partecipazione. Un’organizzazione gerarchica, in cui una persona sola decide tutto, è un evidente ostacolo all’acquisizione di esperienza.
Gli intangibili esterni, invece, si acquisiscono attraverso la considerazione di cui la società gode all’esterno, il rispetto, la credibilità, la legittimazione, sia come delimitazione del suo operato sia come consenso sociale. Le politiche strumentali per accrescere gli intangibili esterni sono note: la politica della total quality e della responsabilità sociale, parola di moda in Spagna come in Italia, che è uno strumento utile almeno quanto la politica della comunicazione.
Allora, possiamo dire che l’impresa moderna ha un insieme di strumenti la formazione, la ricerca, l’organizzazione, la qualità totale, la responsabilità sociale e la comunicazione che favoriscono l’acquisizione di beni intangibili e, dunque, il raggiungimento del valore.
Ma quali sono le trasformazioni in atto che interessano le tre funzioni di cui abbiamo parlato sopra il capitale finanziario, la gestione e la capacità d’innovazione?
Per quanto attiene alla prima funzione, occorre dire che il mercato finanziario è il primo a essersi globalizzato, tanto che oggi anche la più piccola impresa di Modena deve trovare i capitali in tutto il mondo e avvalersi di esperti e consiglieri che sappiano destreggiarsi nella globalizzazione finanziaria, anche se il fatto che occorre cercare i capitali altrove comporta un’evidente complicazione per le imprese che erano abituate a fare tutto in casa propria.
La seconda funzione, quella della gestione, invece, deve affrontare una grande novità: i collaboratori dell’impresa oggi sono brainworkers, lavoratori di cervello che vogliono sfruttare al massimo le risorse dell’intelligenza. Non sono più schiavi del lavoro strumentale ma intellettuali. Questo comporta l’esigenza per l’impresa di trovare nuovi modi di operare, di utilizzare le proprie sinergie, di valutare gli individui e di retribuire il loro lavoro dando loro un contributo in funzione del risultato più che dello sforzo.
Infine, l’impresa oggi, per essere vincente, deve sviluppare al massimo la terza funzione, quella che abbiamo chiamato di leadership o d’innovazione o anche d’impulso alla trasformazione, in cui intervengono l’intuizione, la creatività, il progetto e il programma dell’avvenire.
A svolgere questa funzione, propriamente, non c’è più il manager o il capitalista, ma l’artista, che incontra questioni di etica, di estetica, di arte e di poesia, e occorre che trovi qualcosa che non è già scritto, un senso alle parole e all’impresa, che nessuno ha trovato prima. Questo è l’atto d’invenzione poetica, l’atto schumpeteriano dell’imprenditore moderno, la grande sfida per l’impresa del terzo millennio.