Numero 24 - Il valore dell'impresa
Paolo Moscatti
amministratore delegato di Tec-Eurolab (Campogalliano)
PER CHI VALE L'IMPRESA
Nel mio intervento desidero parlare di talenti e di cassetti: talenti non solo come doti personali ma anche nel senso della parabola evangelica.
Emilio Fontela, nel suo intervento, mi ha fatto finalmente capire che cosa faccio in azienda quando seguo i giovani lungo la loro prima esperienza: quello che io chiamavo condivisione, per rispondere alle obiezioni del mio socio il quale non capiva perché m’interessassi del training dei giovani laureati è un incremento del valore intangibile.
Ho trovato estremamente interessante l’intervento di Davide Passoni, della SIR, che ha paragonato la sua impresa ipertecnologica a una bottega rinascimentale, definendola bottega di “meccatronica”. Sfruttando questa metafora, mi proclamo “bottegaio” del sapere sui materiali. Né più e né meno di una bottega può essere considerata, infatti, la Tec-Eurolab, laboratorio di test per le imprese del settore meccanico.
Sappiamo che le cose sono fabbricate con materiali, ma solo quando si rompono ci accorgiamo di quali sono e incominciamo a preoccuparci. Ci preoccupiamo perché magari stiamo viaggiando su un aereo e dall’esterno dove ci sono cinquanta gradi sotto zero e novemila metri di altezza ci separano solo pochi millimetri di alluminio. E speriamo che siano stati testati i bulloni che servono a tenere unito il telaio. Ebbene, quei bulloni sono stati testati a Campogalliano, nella nostra azienda, e quando tra qualche anno viaggerete sul nuovo Boeing 787, non ci saranno più bulloni perché l’alluminio sarà stato sostituito da plastica e materiali compositi e i bulloni da colle. Con i nostri strumenti il nostro laboratorio controlla anche le plastiche, cosi potrete continuare a viaggiare tranquilli.
Da sempre, nella nostra impresa, abbiamo utilizzato macchine all’avanguardia, ma la nostra vera forza sono sempre state le persone, abbiamo puntato sul sapere dei nostri artigiani, dei nostri tecnici e dei nostri ingegneri. Non a caso, aziende come l’Alenia Aeronautica, la Boeing e la Coca Cola sono nostre clienti. Questo ci riempie di orgoglio, anche se il nostro fiore all’occhiello sono le tante imprese di Modena, Reggio Emilia e Bologna che costituiscono il cuore della nostra attività e che vogliamo mettere sempre più in condizioni di competere al meglio sul mercato.
Quando penso al tema del valore dell’impresa mi chiedo: ma per chi vale l’impresa? Oggi sono in tanti a interessarsi all’impresa: l’imprenditore, prima di tutto, che è orgoglioso e preoccupato al tempo stesso, poi i dipendenti, poi l’amministrazione pubblica locale, ciascuno a partire dal proprio tornaconto, nel senso positivo del termine. Spesso, infine, nelle nostre imprese c’è un socio di maggioranza che gioca in modo sleale e può produrre molti danni, perché pretende un’imposizione fiscale non adeguata. Fontela ribadiva che oggi l’impresa è leadership, è tensione verso l’innovazione. Ebbene, un imprenditore che non trova più una forte motivazione, perché c’è chi cambia le regole del gioco mentre si sta giocando, tende a demotivarsi e, di conseguenza, a mandare a rotoli la sua attività. Non si può vincere due a zero e, a fine partita, scoprire che per vincere quello che contava erano i calci d’angolo.
L’impresa è composta da macchine, persone, finanza e opera, ma non è data dalla somma di questi fattori, è qualcosa di diverso, riguarda il cervello, è lì dove c’è capitale intellettuale. E riusciamo a raggiungere il massimo del capitale intellettuale, se riusciamo a interessare le persone al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Ma per fare questo, la crescita dell’azienda non può essere diversa dalla crescita delle persone che ci lavorano.
Fattore essenziale della nostra impresa sono i talenti, in particolare i giovani, che sono molto sensibili alla cultura d’impresa. I talenti sono una preziosa fonte di energia, ma molto difficili da trattare, sono persone estremamente preparate, che normalmente non accettano di essere soggetti passivi nella vita dell’impresa. Se si sentono incompresi dall’azienda, vanno via. Quasi mai fanno dello stipendio all’ingresso un fattore critico, ma vogliono sapere quale sarà il percorso che l’azienda prevede per loro, dove possono arrivare da lì a tre o quattro anni. Ciascuna persona di talento è unica e l’impresa deve riuscire a studiare un programma per il suo percorso. Per il talento, la crescita costante è una mania e, se noi riusciamo a trasformare questa crescita e a farla diventare spinta aziendale, possiamo immaginare quali effetti positivi siamo in grado di ottenere.
Il talento, poi, valuta il suo capo, non accetta di lavorare in un team di cui non stima il leader. Questo può essere uno stimolo per il leader, che deve essere pronto a crescere insieme al giovane talento, il quale non accetta di lavorare in un ambiente privo di altri talenti, perché a lui non interessa fare la prima donna, ma crescere, e si cresce se si è in un ambiente propositivo, con altri talenti.
E ora parliamo dei cassetti: i talenti non sopportano i cassetti chiusi. Ma cosa vuol dire aprire i cassetti? Nella mia esperienza di giovane laureato, cassetti chiusi ne trovai veramente tanti. All’epoca l’inserimento nelle aziende era più lento, ma tutto il mondo si muoveva più lentamente. I giovani trovavano i cassetti chiusi perché qualche esperto in azienda voleva rimarcare la propria superiorità: “Se sono il solo ad avere queste competenze pensava sarò sempre indispensabile”. Ora questo è diventato un limite, più che un vantaggio. Oggi i talenti vogliono partecipare e così aiutano a diffondere cultura, costringono l’imprenditore e tutti i collaboratori a mettersi in gioco, introducendo una tensione positiva, che si traduce in competitività intellettuale e quindi in valore, che magari è intangibile nel periodo breve, ma che nel tempo non tarderà a mostrarsi con tutte le sue componenti nel bilancio aziendale. Quindi, il mio messaggio è aprire le porte, e i cassetti, ai talenti, per aumentare il valore delle nostre imprese.