Numero 31 - La libertà, l'arte, l'impresa
Natalia Romanenko
pianista
MI PIACE SUONARE BRANI SCONOSCIUTI
Durante il Festival della modernità La libertà (Villa san Carlo Borromeo, Milano Senago, 29 maggio-1° giugno 2008), lei ha tenuto un concerto applauditissimo con musiche di Felix Mendelssohn, Franz Liszt e Dmitrij Kabalevskij. Non capita spesso sentirla suonare in una cornice così inusuale...
Il mio primo viaggio all’estero è stato in Italia, per un concorso di pianoforte a Pinerolo. Per me è sempre un piacere venire in Italia. Il pubblico è sempre molto generoso e adora Liszt, come me. Liszt è il mio compositore preferito.
Lei vive e si è formata a Parigi, ma la sua storia non è cominciata in Francia...
Mia mamma viene dal Tagikistan; io ho portato avanti i miei studi a Mariopol, in Ucraina, dove sono nata e dove ho cominciato a studiare piano e ad avere i primi riconoscimenti. Crescendo, ho scoperto che non amavo il mondo dell’arte e la vita russa e che volevo assolutamente lasciare il paese. Così mi sono recata a Parigi, in Francia, e ora sono molto felice di viverci.
Cosa può dire dell’insegnamento della scuola pianistica russa?
È un’ottima scuola, in cui ho ricevuto ottimi insegnamenti, è una delle migliori scuole al mondo. Ma è molto severa: gli insegnanti mi hanno fatto piangere molto e hanno fatto piangere anche i miei amici. Però abbiamo raggiunto grandi risultati.
Quali sono stati i suoi maestri?
Ho avuto la chance d’incontrare dei bravissimi professori che ringrazio molto. A Karkov ero allieva di Gary Gelfgat e a Parigi ho studiato con Olivier Gardon e Jacques Rouvier.
E ha incontrato un maestro essenziale per la sua vita, oltre che per la musica?
Per me è stato essenziale l’incontro con Mstislav Rostropovich, che ho incontrato a venticinque anni per un’audizione e ho avuto modo d’incontrare più volte anche in seguito. I suoi modi e il suo esempio mi hanno lasciato una traccia che resterà indelebile per tutta la vita.
Ora lei vive a Parigi. Che cosa sta accadendo nel mondo della musica a Parigi?
Un’enormità di cose, Parigi è una delle capitali mondiali della musica. C’è la chance d’incontrare grandi artisti, anche se, proprio per questo, la concorrenza è molto dura.
Lei si è esibita in America Latina, in Italia, in Spagna. Perché dà importanza alla dimensione internazionale?
Per me è molto importante suonare e soprattutto far conoscere in tutto il mondo un repertorio poco conosciuto. È vero che Robert Schumann e Johannes Brahms sono magnifici e fanno parte del mio repertorio, ma anche nel loro caso mi piace suonare brani musicali sconosciuti e bellissimi. E mi piace suonare brani di autori come Kabalevskij, contemporaneo di Prokovev e Shostakovich, la cui musica non è molto seguita, ma è straordinaria. Pensiamo al compositore Anton Rubinstein: tutti conoscono Arthur Rubinstein, il pianista, ma non Anton, il compositore. Io lavoro e m’impegno per far conoscere queste opere al grande pubblico.
Preferisce gli autori classici o i contemporanei?
Io adoro tutti gli stili e tutte le epoche, anche se il mio repertorio va dal barocco agli inizi del ventesimo secolo. Ci sono i moderni, ma non molti contemporanei, perché non ho avuto la possibilità d'incontrarne molti. Mi fermo a Luciano Berio.
Il suo lavoro di ricerca e il suo desiderio di far conoscere autori che non sono molto conosciuti è importante...
È importantissimo. È una cosa bellissima, è come mostrare un gioiello rimasto chiuso in un cassetto.