Numero 33 - La crisi e la riuscita
Marco Bongiovanni
docente di Revisione aziendale all'Università di Modena, presidente di PRM
IL CONTROLLO E LA REVISIONE DEL BILANCIO OGGI
La PRM (Professionisti Revisori Modena) offre da diversi anni servizi di controllo contabile e revisione legale e volontaria di bilancio alle imprese di diversi settori. Qual è l’importanza del bilancio oggi?
Oltre che essere un obbligo di legge per comunicare dati finanziari, oggi il bilancio va letto come primo strumento di informazione per i terzi: l’impresa, attraverso il bilancio, trasmette la propria immagine, gli scopi che si prefigge, cosa sta facendo e come lo sta facendo. Il revisore tenta di capire se i numeri rappresentano veramente la sintesi dell’attività e può diventare un consulente di comunicazione verso l’esterno, nel senso che costruisce non un bello spot pubblicitario, ma un giusto spot di comunicazione: aiuta a dire esattamente che cosa è l’azienda.
Nella vostra esperienza, accade che l’imprenditore non comunichi dati che sarebbe vantaggioso comunicare?
Questo può accadere perché c’è una tendenza dell’imprenditore a essere riservato, che fa parte della cultura del nostro paese, dove spesso non ci si rende conto della forza che ha il bilancio: spesso l’omissione non è deliberata, ma deriva dalla cultura della riservatezza. Non è così negli Stati Uniti, dove gli imprenditori sono fieri di scrivere alla fine del bilancio che hanno contribuito al bene della collettività pagando un determinato ammontare di imposte.
Bisogna ricordare che, anche in un sistema di libero mercato e di proprietà privata, l’impresa è un bene della collettività in cui opera, perché dà lavoro a centinaia e migliaia di persone, realizza e vende prodotti, beni e servizi che sono utilizzati in alcuni casi da milioni di persone, dà lavoro ai propri fornitori e acquisisce risorse dai propri clienti, dal sistema bancario e dagli azionisti. Sono molti i soggetti che hanno diritto di capire se quell’impresa è un’impresa e se è solida, perché possono essere favoriti o danneggiati dal suo andamento.
Quando un’impresa è un’impresa?
L’impresa è tale quando fa economia, cioè realizza un valore aggiunto, altrimenti è un’attività artigianale. Se il conto economico di un’impresa non considera l’opera effettivamente prestata dal titolare, non siamo in presenza di un’impresa, ma di un’attività utile alla sopravvivenza del titolare e magari dei membri della famiglia che vi lavorano: sarà un bene per la collettività solo se è inserita in un sistema più grande e vende il prodotto a un prezzo che gli consente di ottenere valore aggiunto. Un’impresa è tale solo se fa economia, ossia se considera tutti i componenti del reddito in modo oggettivo, secondo il mercato.
Mai come in questo momento, per far fronte alla crisi, occorrono l’innovazione, la formazione e tutto ciò che consente all’azienda di fare un salto di qualità. Lei ritiene che nel nostro tessuto imprenditoriale ci sia un impulso alla trasformazione?
Nella realtà imprenditoriale modenese, negli ultimi cinquant’anni, l’innovazione e la genialità sono di casa, tant’è che i beni e i servizi prodotti qui vengono esportati in tutto il mondo in una percentuale che va dal 40 al 90 per cento. E se hanno un’attrattiva vuol dire che sono originali, frutto di genialità e innovazione.
L’attuale crisi nasce negli Stati Uniti per un difetto di regolamentazione dei mercati finanziari e per una deliberata volontà del governo del momento di “drogare” i mercati che non avevano slancio. Togliendo i controlli e stimolando mercati finanziari un po’ leggeri, si è riusciti a drogare l’economia per dieci, quindici anni, per arrivare poi a scoprire che non era economia, ma solo una bolla. Da oltre quindici anni, ci sono due difetti gravi nel sistema del libero mercato: 1) il mercato ha invertito il suo concetto base. L’economia è costituita da tutte le attività atte a produrre beni o servizi scarsi sul mercato e necessari a soddisfare i bisogni. Siamo arrivati a una situazione in cui non c’è più un sistema produttivo di beni e servizi da mettere a disposizione di coloro che devono soddisfare i bisogni, ma anzi, coloro che devono soddisfare i bisogni devono consumare beni e servizi per consentire a chi li produce di sopravvivere. 2) La finanza, nata come strumento per chi deve produrre beni e servizi e per chi deve acquistarli, è diventata fine a se stessa, è arrivata all’esasperazione dei derivati o di tutti quei prodotti finanziari tali per cui oggi siamo a somma zero, tali per cui se uno guadagna l’altro perde. Non fa economia, non mette a disposizione risorse finanziarie per chi deve produrre ricchezza o per chi deve consumare, in modo tale che chi produce realizzi un valore aggiunto.
L’innovazione e lo stimolo al mercato sono vincenti e la pubblicità creatrice di bisogni è positiva per l’economia. Ma se constatiamo che l’automobile, per esempio, non è più un bisogno, dobbiamo entrare in quest’ordine di idee. E se sono un vero imprenditore, devo essere in grado di saperlo fare: se l’automobile non va più, è inutile continuare a produrla, devo innovare e magari produrre un risciò, se va di moda.
Nella nostra provincia, l’innovazione c’è ma dobbiamo confrontarci con il mercato globale e, in un momento come quello attuale, trovare idee per contenere i costi di produzione e continuare a essere competitivi, confrontandoci anche con le esperienze già in atto nel resto del mondo. Tanto per fare un esempio, una multinazionale italiana nostra cliente ha una bellissima filiale negli Stati Uniti che sta affrontando l’attuale calo dei fatturati riducendo il costo del personale di oltre il 30 per cento, perché volontariamente tutti i dipendenti che scommettono nell’impresa si sono autoridotti il salario.
In questo momento le imprese sono chiamate ad affrontare difficili sfide: sapranno reagire quelle che metteranno in atto le migliori strategie nel definire i punti della filiera più importanti, diversificare i mercati di sbocco, innovare i prodotti e i processi produttivi.