La Città del Secondo Rinascimento

Numero 33 - La crisi e la riuscita

Orio Catti
amministratore delegato della Cerplast, Formigine (MO)

L'AVVENIRE STA NEGLI INVESTIMENTI

Anche in un momento di grande difficoltà come quello attuale, le aziende del distretto di Sassuolo possono usufruire del servizio che Cerplast offre nel riciclaggio dell’imballaggio industriale. Ma che cosa sta cambiando e in che modo le aziende del distretto possono trovare nuovi strumenti per la riuscita, anziché rimanere nell’attesa di tempi migliori?

Come diceva Alberto Piantoni nel suo intervento al convegno I distretti del made in Italy nell’era della globalizzazione (19 settembre 2008, Confindustria Ceramica), “attraverso i contratti di filiera si deve valorizzare il lavoro delle piccole aziende, perché, con un atteggiamento positivo da parte delle più grandi, si crei uno stimolo maggiore per farle investire e farle diventare più competitive”. A maggior ragione in un periodo in cui la crisi si fa sentire a livello mondiale in quasi tutti i settori, le politiche di distretto sono essenziali. Per il comprensorio ceramico, questo vuol dire promozione, affermazione e tutela del made in Italy in generale e del made in Sassuolo in particolare, ma anche necessità che vengano premiate le aziende più virtuose. Se gli incentivi e i finanziamenti vengono elargiti a pioggia, si finisce per penalizzare proprio le aziende che negli anni hanno scommesso sul territorio, garantendo il massimo della qualità. Solo queste dovrebbero avere il diritto oggi di rimanere nel distretto; le altre, quelle che non si preoccupano neppure di mettersi in regola con le norme più basilari della sicurezza sul lavoro e del rispetto dell’ambiente, non dovrebbero ricevere commesse da parte di enti pubblici e privati.

Nell’attuale crisi, in un momento in cui il prodotto è in esubero rispetto alla domanda, almeno salvaguardiamo i virtuosi, ossia coloro che fino a oggi, o anche solo negli ultimi cinque anni, hanno lavorato nel rispetto delle regole vigenti. Ci sono i presupposti per incominciare a valorizzare le certificazioni volontarie, un fattore che dovrebbe premiare soprattutto aziende come la nostra, che lavorano nel settore ecologico.

Lei allora dice che ancora ci sono casi in cui vengono favorite aziende che non solo non hanno nessuna certificazione volontaria, ma addirittura non sono in regola?

È un dato di fatto, anche se tanti chiudono gli occhi. Ma credo che questo sia sbagliato. Ci sono aziende che operano come noi nella gestione dei rifiuti che, nonostante le sanzioni ricevute, lavorano tranquillamente; e così nell’indotto della ceramica si dà lavoro ad aziende che non rispettano le regole basilari (dalle norme sulla sicurezza al divieto di assumere personale senza regolare permesso di soggiorno). In questo modo, vengono messe in una posizione di concorrenza sleale con le imprese virtuose, che hanno costi maggiori e di conseguenza prezzi dei loro prodotti più elevati. Non occorre fare nomi, ma credo che sia venuto il momento, in un’ottica di valutazioni finalizzate all’assegnazione di agevolazioni che consentono il proseguimento della filiera in un distretto, di premiare chi ha lavorato fino ad oggi nel rispetto delle regole.

Un altro problema non secondario delle piccole aziende è che spesso non accedono ai finanziamenti pubblici perché non possono permettersi una struttura all’interno dedicata alla ricerca di bandi e alla redazione di progetti da presentare, come invece fanno le grandi.

Quindi occorre instaurare dispositivi per consentire anche alle piccole e medie aziende di usufruire dei finanziamenti?

Sicuramente occorrerebbe un ente preposto, con un responsabile che raggruppasse diverse aziende da vari strati di filiera, per illustrare tempi e modi di accesso alle agevolazioni.

La politica dei distretti che, come si legge nell’ultimo periodo anche sul “Sole 24 Ore”, è stata rilanciata dal governo dev’essere portata avanti più che mai in tempi più rapidi possibile per far sì che le tante aziende piccole e medie del nostro distretto che scommettono nel proprio lavoro continuino a investire. Il problema è sempre lo stesso: finché investono, le aziende hanno un avvenire, il giorno in cui non investono più decretano il loro declino. In quest’ultimo periodo si parla soltanto di fermi e di tagli e questo non è affatto positivo, perché a lungo andare questi fermi e questi tagli di produzione si pagano.

Credo invece che ci sia bisogno di segnali positivi: è vero che stiamo vivendo un momento difficile, però occorre cercare di rialzarsi prima possibile e trovare notizie costruttive che ci permettano di affrontare i problemi di tutti i giorni attraverso scelte d’investimento, non di taglio. L’azienda che non investe è destinata a chiudere, questo è un dato di fatto.

Quindi occorrono orientamenti per capire come e dove investire, anche per non perdere le maestranze e il patrimonio che è insito nel capitale intellettuale del distretto?

Il capitale che abbiamo oggi è frutto di un investimento di anni in ricerca e sviluppo anche nella formazione delle persone, e non va buttato via. Senza il capitale intellettuale, diventiamo un distretto come quelli che si possono trovare in Turchia o in Spagna o in altri paesi.

Credo che questo sia un messaggio importante, perché è venuto il momento di fare distretto, così come si è da sempre auspicato, ma non si è mai fatto nel vero senso della parola. Se si riesce a fare distretto a tutti i livelli, ci sarà la riuscita.